TORINO – Ha iniziato lo sciopero della fame lunedì 1 ottobre. Pino Incarnato è disperato. Cinquant’anni, disoccupato dal 2014, ha finito, lo scorso 30 maggio, tutti gli ammortizzatori sociali e vive con sua mamma, pensionata invalida.
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Il problema è sorto quando la ditta per cui lavorava, appaltatrice di Smat, ha dovuto licenziare i 74 dipendenti per cessata attività, in quanto Smat aveva internalizzato il lavoro.
Smat ha assorbito 50 dipendenti: 45 direttamente in azienda, e 5 con clausola sociale nel protocollo d’intesa dove si garantiva il lavoro in ditte appaltatrici per le letture dei contatori dell’acqua.
“Questo però è un lavoro che non posso più fare – spiega Incarnato – in seguito a diverse operazioni chirurgiche che ho subito. Ho delle limitazioni accertate che riguardano la deambulazione su terreni sconnessi e scale a pioli. Mi sono sottoposto alle visite presso queste aziende e. come supponevo, sono stato ritenuto inidoneo. Così sono rimasto “a piedi”.”
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Incarnato ha fatto ricorso insieme agli altri colleghi coivolti nella clausola sociale: “La vertenza è stata impostata su cessione ramo di azienda, invece il mio caso è una cosa a parte. Non sono io che non volevo fare quel lavoro, è che non potevo. È diverso. Se fossi stato sano avrei accettato.”
Pino Incarnato afferma di essere stato abbandonato dalle istituzioni, dal Pd a cui era iscritto e anche dal sindacato (in azienda era RSU). “A sostenermi ci sono il Partito di Rifondazione Comunista e Potere al Popolo. Li ringrazio perchè sono accorsi in mio aiuto senza che glielo chiedessi, nonostante io non sia mai stato iscritto.”
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