mercoledì 11 Dicembre 2024

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CUORGNE’ – Unitre: inaugurato l’anno accademico e festeggiati i primi 30 anni di attività

La prima lezione dell'anno è stata un'interessante conferenza di Giorgio cortese sui modi di dire piemontesi.

CUORGNE’ – Si è tenuta ieri pomeriggio, presso la Chiesa della Santissima Trinità, la conferenza inaugurale di inizio corsi per l’anno accademico 2022-2023, con un’interessante conferenza di Giorgio Cortese sui modi di dire piemontesi.

Prima della conferenza il Sindaco di Cuorgnè, Giovanna Cresto; il Presidente casa di Riposo Umberto I, Ferdinando Domenica Nigra; il Presidente Unitre, Silvana Trione e la Direttrice dei corsi Maria Calvi di Coenzo, hanno dedicato i propri saluti inaugurali, parlando della ricchezza espressiva della lingua piemontese, della sua incisività e persino della grazia che spesso non trova corrispondenze nella lingua nazionale.

“Proverbi e modi di dire, si sa, sono la quintessenza della cultura popolare, della saggezza, del buon senso: in poche parole sintetizzano verità inconfutabili, andando al sodo delle questioni con efficacia e colore. Nel piemontese, le locuzioni verbali, i proverbi e le tipiche maniere di dire della parlata subalpina sono un esempio di efficacia lapidaria, perché esprimono, con poche parole, schiette e semplici, verità cristalline, proprio come certi aforismi, coniati in un passato più o meno recente da scrittori illustri, passati alla storia per la loro incisività.
Queste parole, a volte intraducibili hanno una loro origine e durante la conferenza partendo dal tipico saluto “Cerea neh”, si è poi passati al “Fé una figura da ciuculatè”, “Ambaradan”, “J asu d’Cavour Je gniun ca i lauda, as laudu da lur, “ “Gheddo, “I l’hai daje el bleu, “ “parla-pà, tabaleuri, fòl coma na mica,””Fé cassul!”, “La stissa ca bat antla pera o ca la fura o ca la leva”, “sòma d’aj” “Tut ven a taj, anche j ungj a plè l’aj,” “sacocin!” “Fa nen tant l’erlo!” “Avèj nen un pich da fé balé un givo!, “ Cissè la maraja!” “Coma na barca ant el bòsch.” “Fé San Martin e bonèt”. “Purtugal, mi sai nen, mi sai pà”, “Perde i toc cum an lebrus” per concludere con “ Piemunteis fauss e curteis …Italian, faus e vilàn”. Durante la conferenza il coro del Gran Paradiso diretto magistralmente da Giovanni Usai ha cantato: “ Ciao Turin, Carolina di Savoja, Fia Curt, Sai nen perché” ed infine hanno concluso con “La marcia dei coscritti” ha spiegato Giorgio Cortese.
Un pomeriggio interessante, dove certi modi di dire piemontesi si avvalgono di fantasiose metafore, di curiosi paragoni, l’origine di certe espressioni pittoresche che a volte ci inducono al sorriso, ma ci possono anche stupire per l’originalità con cui un concetto, apparentemente ovvio e scontato, viene formulato, sottendendone con arguzia il senso più profondo e nascosto.
Il piemontese è la nostra armonia dei pensieri della nostra infanzia dove si trovano i trofei del passato e le armi per future conquiste.

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