giovedì 13 Febbraio 2025
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LEINI – E la lapide di Don Capirone restò illeggibile…

La mozione presentata da “Uniti per Leini", con la quale si impegnavano sindaco e Giunta ad intervenire per ripristinarne la scritta, è stata infatti bocciata dalla maggioranza

LEINI – La lapide che ricorda il benefattore Don Capirone, posizionata lungo via Carlo Alberto, continuerà ad essere illeggibile.

La mozione presentata da “Uniti per Leini”, con la quale si impegnavano sindaco e Giunta ad intervenire per ripristinarne la scritta, è stata infatti bocciata dalla maggioranza. Le motivazioni? Quantomeno curiose: «Certo, nulla da eccepire sull’oggetto della mozione. Certo, una lapide che non si legge non serve a nessuno. Certo, importante dare il giusto tributo ad un benefattore che tanto ha fatto per i poveri della comunità – ha replicato il capogruppo Ezio Navilli – Ma in questo momento sindaco e assessori sono impegnati su molti fronti, e poi le lapidi sono molte, bisognerebbe prestare attenzione a tutte… Ci impegnano a farlo, ma più avanti».

«Arrampicarsi sugli specchi è ormai uno sport per il consigliere Navilli…dire una cosa e poi il contrario di tutto è curioso – ha sottolineato il consigliere Pierluigi Leone, proponente della mozione – La verità è che essendo stata proposta dall’opposizione, la cosa non viene presa in considerazione». Una considerazione che merita attenzione, e che potrebbe essere applicata anche in altri ambiti…

E visto che, per dirla alla Leone, la storia locale è interessante in base a chi la propone, rendiamo giustizia a Don Pietro Vacchetta Capirone, raccontandone brevemente la vita. Don Capirone nasce a Montanaro e si trasferisce a Leini all’età di trent’anni, come erede di uno zio che aveva acquistato “una fabbrica, aia, orto al Borghetto”. Viene ricordato come un uomo pieno di vita e di molta iniziativa: abile agricoltore e “intelligente dell’allevamento dei bestiame, ed in specie di cavalli. Egli usava ogni volta che dovevasi recare nei paesi vicini cavalcare un suo destriero”.

Cosa che gli procura un curioso contrattempo: tra i suoi cavalli ne ha uno acquistato dal Governo. Un giorno lo monta per andare al campo militare di San Maurizio dove si svolgevano gli esercizi militari alla presenza del Re Carlo Alberto. Quando il cavallo sente la tromba, si lancia in mezzo allo squadrone, e non c’è santo che riesca a trattenerlo. Don Capirone, oltre allo spavento, riceve i complimenti dello Stato Maggiore per la sua abilità. Uomo robusto, instancabile, si alzava ogni giorno prima dell’alba per celebrare la prima messa al Santuario.

Frequentava la case più distinte del Comune, e spesso invitava la famiglia più in vista a casa sua per sontuosi banchetti. Quando, con l’avanzare dell’età, sente che le forze iniziano a mancargli, dona alla Congregazione di carità case e terreni: la scelta che viene fatta è quella di trasferire l’ospedale di carità in quei locali, più ampi e spaziosi, e di allestire nella vecchia sede, su iniziativa del sindaco Vincenzo Bonis e del parroco don Ferrero, una farmacia. Parte del lascito viene impiegato per l’asilo infantile, che da tempo stava cercando un modo per ampliare i propri spazi.

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