IVREA – Carcere di Ivrea: ancora un ritrovamento di telefoni cellulari

L'O.S.A.P.P mette in dubbio la sicurezza della struttura

IVREA – Ieri, mercoledì 5 novembre, nel carcere di Ivrea, durante una perquisizione ordinaria al terzo piano dove sono ristretti detenuti comuni a regime aperto sono stati rinvenuti, ulteriori due micro telefoni cellulari (nel giro di 13 giorni un totale di 5 telefoni) perfettamente funzionanti completi di carta SIM e carica batteria. I micro telefoni erano celati indosso alla persona che due detenuti di nazionalità italiana celavano nelle mutande.

A dare la notizia è l’O.S.A.P.P. (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria) per voce del Segretario Generale Leo Beneduci che dichiara: “Nonostante le rassicurazioni fornite nell’ambito di un’intervista dal Capo del D.A.P. Francesco Basentini l’attuale situazione delle carceri Italiane è perlomeno drammatica riguardo al mantenimento di idonee condizioni di sicurezza rispetto al possesso in carcere e all’uso di telefoni cellulari da parte di detenuti anche condannati per reati di notevole gravità quali quelli relativi all’appartenenza ad associazioni criminali.”

“Purtroppo – prosegue il leader dell’OSAPP – nell’attuale sistema e rispetto alle migliaia di soggetti e di generi che vengono autorizzati all’accesso in carcere allo stato attuale delle dotazioni in possesso degli appartenenti alla polizia penitenziaria è rinvenibile solo una parte degli apparecchi telefonici in possesso della popolazione detenuta soprattutto in quelle situazioni in cui come ad Ivrea mancano del tutto le figure principali che dovrebbero coordinare le attività operative della polizia penitenziaria quali un direttore e un comandante titolari.”

“Il grave stato di disattenzione da parte degli organi dell’amministrazione centrale – conclude Beneduci – e la sostanziale indifferenza da parte di una politica che consiste attualmente solo in slogan e dichiarazioni di effetto stanno rendendo le carceri italiane la principale causa di insicurezza per la collettività e le donne e gli uomini della polizia penitenziaria gli agnelli sacrificali di un sistema che fa acqua da tutte le parti e non produce più da tempo risultati tangibili.”

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