martedì 10 Dicembre 2024

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TORINO – Cinghiali: il 2022 si chiude con un numero ridicolo di abbattimenti, appena 3500

Coldiretti: “Basta ostacoli al depopolamento. Vogliamo sapere da che parte sta la Città metropolitana guidata dal sindaco di Torino Stefano Lo Russo”

TORINO – Il numero dei cinghiali abbattuti nel Torinese continua a essere assolutamente ridicolo. È da questa estate che la nuova normativa regionale permette di abbattere i cinghiali anche nelle ore notturne con l’utilizzo di fonti luminose, inoltre, da alcuni mesi è anche finalmente operativa la figura dell’agricoltore selecontrollore: eppure nel Torinese sembra che nulla sia accaduto. Dal capoluogo alle vallate torinesi, passando per i campi, le vigne e i frutteti della pianura e delle colline torinesi e canavesane, gli agricoltori continuano a segnalare ingenti danni e continuano a richiedere interventi di abbattimento o “cattura con abbattimento” che non raggiungono i risultati.

Con l’arrivo anche in Piemonte dell’epidemia di Peste suina africana, che, per fortuna, non ha ancora interessato il Torinese, l’obiettivo era di raddoppiare i capi di cinghiale abbattuti nelle province piemontesi per limitare le possibilità di contagio. Se per il territorio regionale l’obiettivo per il 2022 era fissato così a 50mila capi, quello per la provincia di Torino era di circa 16mila. Invece, l’anno sta terminando con meno di 3.500 capi abbattuti e una maglia nera per le aree protette regionali e quelle gestite dalla Città metropolitana.

«Siamo al termine di questo 2022 così difficile per l’agricoltura, sia per la siccità che per l’aumento dei costi di energia e materie prime – osserva il Presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – Dobbiamo constatare che la Città metropolitana e la Regione Piemonte non hanno ascoltato le oltre 11mila aziende agricole che producono cibo nel territorio torinese e che vedono le loro produzioni distrutte dai cinghiali. Avevamo già segnalato che, se la situazione non fosse cambiata prevediamo l’abbandono di tutti i terreni confinanti con boschi e altri ambienti di stazionamento degli animali. Questo sarebbe la fine dell’agricoltura collinare e montana e di una buona parte delle coltivazioni nelle fasce pedemontane. Soltanto dagli uffici di zona di Coldiretti Torino, nel 2021, sono partite oltre 700 domande di rimborso di danni. Gli importi riconosciuti in totale raggiungono la stratosferica cifra di 864.567 euro. Per il 2022, le domande di rimborso sono aumentate di circa il 30% (a oggi sono oltre un migliaio). Visto il cronico ritardo con cui vengono periziati i danneggiamenti, solo per una minima parte sono già attribuiti gli importi dei rimborsi, ma si tocca già la cifra di 175mila euro. E c’è da notare che i pagamenti dei danni agli agricoltori arriveranno anche con 4 anni di ritardo.

«Di fronte a un problema di così grande portata economica e sociale non ammettiamo più scarichi di responsabilità che bloccano le decisioni; non accettiamo che le norme subiscano interpretazioni figlie del terrore per i ricorsi animalisti; così come non tolleriamo più insabbiamenti per nascondere atteggiamenti protezionistici di funzionari anticaccia o filo cacciatori. Negli uffici della Città metropolitana continua a prevalere una prassi che sfiora l’ostruzionismo. Vogliamo un pronunciamento politico chiaro del Sindaco metropolitano Stefano Lo Russo, del Vicesindaco Jacopo Suppo e del Consigliere delegato Gianfranco Guerrini sulla reale volontà di dimezzare il numero dei cinghiali. Altrimenti lo dicano chiaramente che non intendono depopolare questa specie. Almeno avremo la conferma che non stanno dalla parte degli agricoltori».

Coldiretti Torino chiede che possano partire subito nuovi corsi per abilitare gli agricoltori all’autodifesa dei terreni; che sia distribuito agli agricoltori un numero maggiore di gabbie per la cattura in campo e che queste siano adatte alla cattura di branco; che la Città metropolitana e le Aree protette aumentino il numero di personale interno impiegato del controllo della specie; che negli abbattimenti siano ammesse tutte le figure che possono aiutare a raggiungere gli obiettivi e che gli ambiti territoriali di caccia e i comprensori alpini cessino di essere gestiti con l’esclusiva finalità di accontentare il mondo venatorio: nei comitati di gestione deve aumentare il peso del mondo agricolo.

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