MAPPANO – Come si vive dopo aver provato sulla propria pelle una tragedia come quella che, nel dicembre del 2007, ha spezzato la vita di sette operai alla Linea 5 della ThyssenKrupp? La risposta più vera e drammatica l’ha data Rosina Demasi, la mamma di uno dei ragazzi che hanno perso la vita quella notte, nel corso della presentazione del libro, dedicato a quei fatti, “Non voglio morire” scritto da Stefano Peiretti.
«Non si vive. Si sopravvive. Catapultati in un mondo che non ti appartiene. Con una telefonata che ti cambia la vita per sempre. Che ti fa vivere una vita triste. Piena di rabbia, di odio, di dolore. Sono sentimenti che tutti proviamo, ma solo quando ti capitano certe cose li capisci veramente». Il libro, presentato sabato pomeriggio a Mappano, nasce dall’esigenza di raccontare non tanto l’evento in sé, ma il prima e soprattutto il dopo della tragedia: «Che non è stato un infortunio sul lavoro – ha specificato l’autore – È stato un omicidio. E l’omicidio di sette persone si chiama strage ed è punita con l’ergastolo». Ma la realtà dei fatti è ben diversa: «La realtà è che noi familiari abbiamo dovuto lottare per avere quella giustizia che ci sarebbe spettata di diritto, e che invece non abbiamo ancora ottenuta – ha aggiunto Laura Rodinò, sorella di Rosario – I responsabili italiani dell’azienda, condannati dopo tutti i gradi di giudizio, hanno fatto poco più di un anno e mezzo di carcere, e sono già liberi. Per i tedeschi, invece, le porte del carcere non si sono mai aperte. Gli assassini non hanno pagato».
«Doveva essere un processo breve ed esemplare – ha aggiunto la Demasi – Non è stato né una cosa né l’altra. Breve non di certo, visto che si è protratto per 14 anni. Esemplare neppure, perché le condanne per coloro che hanno fatto morire i nostri figli, i nostri mariti, i nostri fratelli, sono state ridotte ai minimi termini». Al punto che anche la Corte Europea di Giustizia ha fatto sentire la sua voce sulla vicenda. Una vicenda che si potrebbe riassumere, parafrasando Gabriel Garcia Marquez, come “Cronaca di una tragedia annunciata”: uno stabilimento abbandonato al proprio destino, la cui chiusura era ampiamente prevista, dove la sicurezza era un pallido ricordo, gli estintori scarichi, i vetri rotti e rappezzati alla meglio. Dove quei ragazzi, come ha ricordato Antonio Boccuzzi, l’unico sopravvissuto a quella serata (e assente dal tavolo del relatori in quanto sottoposto a quarantena), che cercavano di realizzare con il lavoro i loro sogni, sono stati sacrificati in nome del profitto. Ragazzi che il sindaco, Francesco Grassi, che ha accompagnato la presentazione assieme alla moderatrice Nadia Bergamini, non ha esitato a definire eroi.
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