CANAVESE – Giovedì scorso, 15 marzo, nella sala consiliare di Palazzo Lomellini a Rivarolo Canavese, si è tenuto un incontro con gli amministratori dei comuni canavesani interessati al progetto dell’acquedotto Valle Orco che sarà realizzato da Smat nei prossimi anni.
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L’incontro, organizzato dall’amministrazione comunale della città di Rivarolo, si è reso necessario per chiarire i dubbi e le perplessità di un’opera che coinvolgerà il territorio del Canavese nei prossimi anni e servirà 120 mila utenti. Il Direttore generale di Smat, Marco Acri e il Direttore tecnico di Smat, Silvano Iraldo, hanno illustrato il progetto nel suo insieme: si tratta di grande acquedotto che rivoluzionerà il sistema idrico del Canavese, andando a sopperire alle attuali carenze.
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Il nuovo impianto preleverà l’acqua a Rosone, dal torrente Piantonetto, utilizzando l’invaso del Teleccio, a 1.900 metri di quota. L’infrastruttura comprenderà 120 chilometri di tubature, tra adduzione e distribuzione, che serviranno 41 comuni del Canavese, da Cuorgnè a Rivarolo, da Castellamonte a Ivrea, da Agliè a Caluso. Per il completamento dell’opera serviranno 10 anni ed un investimento di 150 milioni di euro, con importanti ricadute occupazionali ed economiche sull’intero territorio canavesano. Oltre agli amministratori canavesani, all’incontro erano presenti anche i rappresentanti dei consorzi irrigui Est ed Ovest Orco, il comitato provinciale dell’acqua pubblica e i portatori di interessi locali che hanno interagito in modo costruttivo con i dirigenti di Smat.
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Ad avanzare perplessità è Uncem: “Opera importante, questo acquedotto del Canavese. Che usa infrastrutture montane esistenti grazie a un patto di Smat con Iren. Ne crea nuove, genera investimenti e posti di lavoro. Solo una tema poniamo come Uncem, non chiaro: cosa garantirà stabilmente Smat ai territori? Quanto vale quell’acqua più la forza di gravità? Quanto vale il territorio montano? È del tutto evidente che utilizzare acqua e forza di gravità (quest’ultimo bene è solo della montagna) generando importanti fatturati e utili a vantaggio dell’azienda, – afferma Uncem – deve finalmente consentire un pieno riconoscimento dei servizi ecosistemico-ambientali che il territorio alpino in questione garantiscono. Acqua, protezione delle fonti, difesa dell’assetto idrogeologico, forza di gravità. Beni materiali e immateriali. Servizi a vantaggio della collettività e capaci di determinare ottimi numeri sui bilanci.”
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E aggiunge: “Ecco perché non bastano qualche anno di lavoro, qualche compensazione, qualche interazione più o meno interessante per le Valli. Serve un’azione politica e istituzionale vera e seria. Per atti duraturi nel tempo che dicano che quell’opera, quei servizi, quei beni sono della montagna. Sono dei territori. E vanno pagati. Impariamo da New York – conclude – che ogni anno riconosce alle aree montane retrostanti una buona e costante cifra annuale per la protezione delle fonti e per la garanzia di fornitura di acqua potabile. Smat in Canavese potrà aprire una strada virtuosa o già si inseriscono paletti, se e ma sul percorso che deve invece essere sostenibile e inclusivo? Noi, Uncem, siamo per una immediata analisi di cifre e opportunità, ritorni e stabile definizione degli Psea come previsti dalla legge 221/2015. Molto chiara e snella. Con precisi ruoli per i territori attraverso gli Enti locali. Che Uncem si impegna a rappresentare, anche questa volta, fino in fondo.”
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