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PIEMONTE – Sono 116mila i Soci AVIS Donatori di sangue

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PIEMONTE – Alla vigilia della 44ma assemblea regionale Avis in programma domenica aprile 19 a Biella, l’assessore alla sanità della Regione Piemonte, Antonio Saitta, oggi ha visitato la sede Avis di Pianezza che,  con quella di Asti, è l’unità di raccolta sangue più grande del Piemonte.

“Una struttura importante, moderna e ben organizzata, che con i suoi 28 dipendenti e un’attività che coinvolge un centinaio di medici e altrettanti infermieri rappresenta davvero un fiore all’occhiello non solo dell’AVIS ma di tutta sanità regionale”: così ha dichiarato l’assessore regionale alla Sanità, Antonio Saitta, in occasione della visita dell’unità di raccolta sangue dell’AVIS di Pianezza, dove ha incontrato il Presidente regionale AVIS, Giorgio Groppo, la Presidente dell’Avis provinciale di Torino, Marisa Gilla, il direttore sanitario della struttura, Igino Arboatti e la dottoressa, Rosa Chianese responsabile della rete trasfusionale piemontese.

Nel 2014 in Piemonte sono stati 116 mila i soci attivi dell’Avis che hanno donato almeno una volta (per complessive 185mila donazioni), mentre nel territorio torinese i donatori sono stati 55mila.

L’Avis è una realtà molto ramificata sul territorio, tutte le loro sedi sono accreditate e si autofinanziano, e svolgono un ruolo di grande importanza nella produzione di emoderivati, contribuendo a rendere il Piemonte regione leader nella compensazione nazionale dei globuli rossi, nonché nella diffusione della cultura della donazione. Ed entro qualche mese i donatori potranno avere i loro esami on line.

“Ho ascoltato con attenzione le loro richieste, in particolare l’esigenza di disporre di linee guida sulla raccolta sangue e di una maggiore puntualità nei pagamenti da parte delle aziende sanitarie regionali. Sul versante della sicurezza della filiera trasfusionale mi hanno sollecitato-aggiunge Saitta- affinché nella razionalizzazione dei centri trasfusionali della rete ospedaliera si tenga conto delle loro professionalità ed attività e che le strutture di raccolta sangue con contatti diretti con l’utenza non vengano unificate con quelle di back office e lavorazione, in modo tale da evitare che l’attività trasfusionale non si identifichi con quella di lavorazione”.

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