giovedì 7 Novembre 2024

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FINO AL 9/11/14 – ROMA: Programma al cinema Trevi

EVENTI ROMA – Programma del Cinema Trevi di Roma  –  prima settimana  di novembre:

 

1-2 novembre Cineteca Classic: Maurice Cloche

4-5 novembre Manolo Bolognini, il produttore che sorride

6-7 novembre C’era una volta l’alta definizione

7 novembre Paolo Cavara, regista gentiluomo

8-9 novembre Cineteca Classic: Lech Majewski

 

1-2 novembre 2014

 

Cineteca Classic: Maurice Cloche

 

Tra santità e peccato. Potrebbe così riassumersi la filmografia di Maurice Cloche che ha alternato film religiosi autoriali, premiati dal pubblico e dalla critica a opere di genere. Come scrisse Sergio M. Germani nel 2013, nel catalogo de i 1000(o)cchi. Festival internazionale del cinema e delle arti, «l’intrecciarsi di temi religiosi e di presenze fisiche (non raramente femminili) nel cinema di Cloche, compresenza talvolta rimproveratagli come segno di eclettismo, è tutt’altro che un limite. […] Tra i quali siamo lieti di poter includere il film amato da Ford [Peppina e Violetta, n.d.r.], e il Monsieur Vincent giustamente sostenuto da Lourcelles e Vecchiali contro una superficiale etichettatura di saint-sulspicien. Scoprire poi che la visione di questo film (una delle più radicali istanze filmiche di giustizia sociale, film che vive la tensione tra pluralità di corpi affamati da nutrire e astuzie per sollecitare la misericordia dei potenti) abbia toccato don Lorenzo Milani, che da lì elesse Cloche a interlocutore per un film, non può non commuoverci».

 

sabato 1

ore 17.00 La portatrice di pane di Maurice Cloche (1950, 102’)

Francia. Il giovane Giacomo Gareau, meccanico nell’officina dell’ingegner Labroue, è innamorato della vedova Giovanna Fortier. Per fare rapidamente fortuna, ruba i documenti relativi a un’invenzione ma, sorpreso dal padrone, lo pugnala a morte e dà fuoco all’officina…

 

ore 19.00 Peppino e Violetta di Maurice Cloche (1951, 87’)

«In Assisi l’orfanello Peppino vorrebbe, ma non può, portare la sua cara asina Violetta sulla tomba di San Francesco per farla guarire. Va a Roma, in Vaticano, e si rivolge al Papa che lo accontenta. Dal romanzo The Small Miracle di Paul Gallico, sceneggiato dall’autore con Diego Fabbri e M. Cloche. Rugiadoso, inzuppato di buoni sentimenti e non privo di belle, quiete immagini (fotografia di Otto Heller). Musiche di Nino Rota» (Morandini).

 

ore 21.00 Ma tu sei Pietro – Storia di un pescatore (1973, 90’)

«Avevo scelto un soggetto che mi era stato portato, e che era la vita di San Pietro. Questa vita di San Pietro avevo personalmente pensato di ambientarla nella sua epoca, ma poi improvvisamente, mentre ci lavoravo sopra, mi sono detto: “Ma no, non devo ambientarla nell’epoca biblica, al tempo dei Vangeli, ma devo ambientarla nel nostro tempo […]”. E la lettera di don Milani mi ha confermato in questa intenzione in quanto attorno a me tutti volevano realizzare il film in costumi storici, ed è don Milani che mi ha aiutato a realizzarlo, nell’epoca moderna» (Cloche).

 

domenica 2

ore 17.00 Prigioni di donne di Maurice Cloche (1958, 100’)

«Questo nuovo adattamento mette in evidenza la libera reinterpretazione di Maurice Cloche, che rispetto alla versione di Roger Richebé del 1938 mantiene quasi soltanto la situazione di partenza, implicita nel titolo dell’opera. Una farmacista, che ha conosciuto la prostituzione ma si è affrancata da quel mondo attraverso il matrimonio, viene accusata di aver ucciso il marito. Il film ci immerge quindi nella vita quotidiana di un carcere femminile» (Garreau).

Copia proveniente dalla Cineteca del Friuli

 

ore 19.00 Monsieur Vincent di Maurice Cloche (1947, 120’)

«La vita di Vincenzo de Paoli che, attraverso il suo esempio e la sua instancabile attività in diverse regioni della Francia, riuscì a imporre la carità pubblica come onere a carico dello Stato. Biografia e affresco sociale sono qui strettamente congiunti. Il film presenta un quadro molto convincente della Francia del XVII secolo, con tutti i suoi splendori, le sue miserie, le sue paure e persino le sue barbarie. Un quadro che ben si accorda con le ricerche della moderna storiografia» (Lourcelles). Oscar al miglior film straniero e Coppa Volpi all’attore protagonista Pierre Fresnay alla Mostra del Cinema di Venezia.

 

ore 21.15 The Viscount: furto alla banca mondiale di Maurice Cloche (1967, 93’)

Un gangster deruba un rivale di una grossa partita d’oppio conservata in una cassetta di sicurezza. Il “Visconte”, agente di assicurazioni, è incaricato di indagare. Intanto i due gangsters si danno battaglia. Una coproduzione italo-franco-spagnola con Fernando Rey, Folco Lulli e Franco Fabrizi.

 

4-5 novembre

 

Manolo Bolognini, il produttore che sorride

 

«Manolo Bolognini ha sicuramente fatto parte del sistema produttivo dell’industria cinematografica nel periodo culturalmente ed economicamente più favorevole per il cinema italiano, in particolare gli anni Sessanta e Settanta […]. La sua attività in quegli anni è strettamente collegata con il lavoro di registi di alto profilo intellettuale (Rossellini, Fellini, Pietrangeli…) […]. Dalla seconda metà degli anni Sessanta Bolognini interviene come produttore in filoni popolari, con grande successo di pubblico: commedia all’italiana, giallo, horror, poliziesco, musicarello. Il genere più frequentato è pero quello del western all’italiana […]. I primi due western prodotti da Bolognini, Django (1966) di Sergio Corbucci e Texas addio (1966) di Ferdinando Baldi, ebbero enorme successo in tutto il mondo e realizzarono grandi incassi. Il ruolo del pistolero solitario fece diventare l’attore Franco Nero una star internazionale. […] Dagli anni Ottanta Manolo Bolognini è poi tornato alla produzione più colta, con adattamenti da romanzi e collaborazioni televisive» (Jan Svabenicky, dal volume Manolo Bolognini. La mia vita nel cinema. Cinquant’anni di ricordi raccolti da Carlotta Bolognini).

 

martedì 4

ore 17.00 La corruzione di Mauro Bolognini (1963, 83’)

Stefano Mattioli, giovane figlio di un ex partigiano divenuto ricco industriale dell’editoria, terminati gli studi esprime la vocazione al sacerdozio. Il padre, per distoglierlo da tale proposito, lo fa sedurre da Adriana, sua giovane segretaria e amante, nel corso di una crociera in yacht. Nuovamente combattuto tra l’intima aspirazione ad esprimere la generosità e la sincerità della sua giovinezza e l’amara realtà di un mondo mediocre, Stefano rimarrà preda del suo dubbioso senso di ribellione.

 

ore 19.00 Raul di Andrea Bolognini (2005, 97’)

«“È un’opera in cui si sente il sapore di ciò che si vede come da molto tempo non accade più nel cinema italiano”. Non usa mezzi termini Giancarlo Giannini per definire Raul – Diritto di uccidere, il film di Andrea Bolognini in cui recita accanto a Stefano Dionisi, Violante Placido, Laura Betti e Alessandro Haber. La pellicola prende vita da un progetto di Mauro Bolognini, per cui Suso Cecchi D’Amico e il figlio Masolino, insieme a Luigi Bazzoni, avevano scritto la sceneggiatura nel 1973: “Raul – afferma Masolino – era stato pensato per l’esordio di Bazzoni, ma poi non se ne era fatto niente. Oggi è diventato l’opera prima del nipote di Mauro Bolognini, Andrea”. Il film è un giallo psicologico liberamente tratto da Delitto e castigo di Dostoevskij e ambientato a Roma nel maggio 1938, nei giorni della visita di Hitler. Raul (Dionisi), giovane laureato in giurisprudenza, crede di alleviare la propria sofferenza morale ricorrendo alle teorie superomistiche tanto in voga all’epoca: su queste basi, si arroga il diritto di uccidere un’anziana usuraia (Laura Betti) che lo tiene in pugno» (Pontiggia).

 

ore 20.45 Incontro con

Manolo Bolognini e Carlotta Bolognini

moderato da Fabio Micolano

saranno presenti Barbara De Rossi, Massimo Ghini, George Hilton,

Anna Kanakis, Sandra Milo, Claudio Risi, Lina Wertmüller

 

nel corso dell’incontro sarà presentato il libro

Manolo Bolognini. La mia vita nel cinema. Cinquant’anni di ricordi raccolti da Carlotta Bolognini

(Centro Mauro Bolognini-Fondazione Cassa di Risparmia di Pistoia e Pescia)

 

a seguire Teorema di Pier Paolo Pasolini (1968, 98’)

«Uno strano studente (Stamp) s’insinua in una famiglia borghese e i suoi cinque membri finiscono per avere un rapporto con lui. Quando se ne andrà nessuno sarà come prima […]. Pensato come un poema in versi poi diventato film, Teorema è il tentativo di dimostrare “l’incapacità dell’uomo moderno di percepire, ascoltare, assorbire e vivere il verbo sacro”: mescolando suggestioni bibliche a influenze psicoanalitiche, Pasolini eleva l’erotismo a “tangibile e quasi fisico segno rivoluzionario”, di fronte al quale la borghesia non può che rivelarsi per quello che veramente è» (Mereghetti).

Ingresso gratuito

 

mercoledì 5

ore 16.30 Il bidone di Federico Fellini (1955, 112’)

«Non v’è l’arcana poesia de La strada data dal paesaggio indifferente e maestoso, dal passaggio lento delle stagioni estranee alla pena e alla solitudine dell’uomo. In compenso Il bidone è più complesso, ha un’orchestrazione più elaborata. Il tema felliniano dei conti da rendere a qualcuno che ci trascende è meno univoco, più clamoroso, quasi gravido di presenze impalpabili ma certe perché meno metafisiche, più legate a ciò che risulta semplicemente umano» (Bianchi).

 

ore 18.30 Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini (1959, 139’)

Il generale Della Rovere si colloca in un punto di svolta nell’attività di Rossellini. Sempre più persuaso dall’idea del cinema come strumento didattico, Rossellini ne Il generale Della Rovere, così come nel film “gemello” Era notte a Roma, torna a riflettere sul periodo della guerra. Ma sono trascorsi quindici anni e lo sguardo su quella età storica non può che essere retrospettiva e indiretta. I fatti evocati nel film sono realmente accaduti. Ma Rossellini sembra più interessato a raccontare una fabula morale piuttosto che una cronaca di alcuni avvenimenti nella Roma del ’43-’44.

 

ore 21.00 La pelle di Liliana Cavani (1981, 134’)

Napoli 1944. Il generale Cork, comandante della 5ª Armata americana, è preso dalle trattative con Marzullo, mafioso locale, che per consegnargli 112 tedeschi catturati durante le quattro giornate di insurrezione esige dagli americani una tangente di cento lire al chilo, suscettibile di forti aumenti, per ogni prigioniero. Il tramite per condurre il patteggiamento è Curzio Malaparte, a cui viene anche dato l’incarico, per compiacere la moglie aviatrice di un senatore americano, di organizzare una cena stile Rinascimento che abbia come clou una “sirena” dell’acquario di Napoli che sembra una bambina. Intanto nei “bassi” le madri vendono i figli ai marocchini e Jim, il giovane tenente di collegamento, si innamora di una ragazzina che scoprirà poi essere in vendita, pubblicizzata da suo padre come l’unica vergine esistente in città.

 

6-7 novembre

 

C’era una volta l’alta definizione

 

«Nel 1983, la Rai con la Sony e con la giapponese NHK sperimenta un nuovo standard televisivo (HDTV, l’Alta Definizione) che avrebbe dovuto semplificare la ripresa cinematografica. Primo test a Venezia Arlecchino (1982) di Giuliano Montaldo, con Vittorio Storaro. Altre le verifiche come Giulia e Giulia (1987) di Peter Del Monte con Giuseppe Rotunno. Ma l’HDTV risulta inadeguata a sostituire la pellicola di ripresa. Dalla filiera messa a punto però, il telecinema, diventato scanner, aumenta la definizione della scansione dell’immagine che può così entrare nel computer, aprendo le porte al cinema digitale» (Carlo Montanaro, Presidente dell’Airsc).

Programma a cura dell’ Airsc – Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema con la collaborazione di Cineteca Nazionale, Rai, Smpte – Society of Motion Picture and Television Engineers

 

giovedì 6

ore 16.30 Il mistero di Oberwald di Michelangelo Antonioni (1981, 129’)

«Regina vedova ospita giovane e romantico anarchico che voleva ucciderla. Nasce l’amore, ma trionfa la morte. Strano incontro di Antonioni con il turgido teatralismo di Jean Cocteau, con un testo (L’aigle à deux têtes, 1946, trasferito in film nel 1948 dallo stesso autore) che non gli poteva non essere estraneo. È un esercizio sperimentale per l’impiego del colore elettronico (dunque, manipolabile), una ricerca sull’immaginario, un lavoro sull’immagine filmica. Vitti brava sotto le righe, ma il più bravo è il cattivo Bonacelli» (Morandini).

 

ore 18.45 Giulia e Giulia di Peter Del Monte (1987, 97’)

Sette anni dopo il tragico incidente (la morte del marito nel giorno delle nozze) che le ha sconvolto la vita, capita a Giulia qualcosa che ha dell’incredibile… «Primo esempio – secondo alcuni – in Italia di lungometraggio girato con mezzo elettronico ad alta definizione (1125 linee anziché 625). In realtà già nel 1979 Michelangelo Antonioni girò Il mistero di Oberwald con telecamere tecnologicamente all’avanguardia. Il nastro fu poi riversato in pellicola per le proiezioni in sala» (Poppi).

 

a seguire Oniricon di Enzo Tarquini (1985, 11’)

Cortometraggio realizzato con telecamere ad alta definizione e successivamente trascritto su pellicola 35 mm.

 

ore 20.40 incontro con

Stefano Francia Di Celle, Giuliano Montaldo, Carlo Montanaro, Enzo Sallustro,

Federico Savina, Gianluca Veronesi, Franco Visintin

moderato da Mario Musumeci

 

a seguire Arlecchino di Giuliano Montaldo (1982, 8’)

Venezia, le sue calli e la gestualità di Arlecchino sono le protagoniste di questo esperimento realizzato per testare il nuovo sistema di ripresa HDTV e verificarne la prestazione in esterni e in un clima difficile a causa dell’umidità. «La rivoluzione elettronica sarà tale e quale quella dell’avvento del sonoro, succederà proprio come con il colore: si inizierà inevitabilmente con degli eccessi, delle enfasi, fino ad arrivare […] all’equivalente delle scelte che si fanno oggi con il colore, e cioè alla decolorazione» (Montaldo). Restauro a cura della Cineteca Nazionale in collaborazione con Rai e Airsc.

Ingresso gratuito

 

a seguire Backstage di Arlecchino di Giuseppe Vannucchi (1983, 12’)

Il backstage di Arlecchino era un servizio per n. 159 del rotocalco televisivo TAM TAM, curato da Giuseppe Vannucchi con la fotografia di Luigi Vettore. Fu girato nel gennaio-febbraio 1983 durante le riprese in HD di Arlecchino.

Ingresso gratuito

 

a seguire Aria (1987, 90’)

Dieci registi (Robert Altman, Bruce Beresford, Bill Bryden, Jean-Luc Godard, Derek Jarman, Franc Roddam, Nicolas Roeg, Ken Russell, Charles Sturridge e Julien Temple) “interpretano” altrettanti brani musicali classici (Verdi, Lully, Korngold, Rameau, Wagner, Puccini, Charpentier, Leoncavallo). È stato presentato in concorso al Festival di Cannes 1987.

Ingresso gratuito

venerdì 7

ore 17.00 Nirvana di Gabriele Salvatores (1996, 115’)

«Nel 2005, in una metropoli formata da un Centro protetto e da miserande e pericolose periferie etniche (Marrakech, Shangai Town, Bombay), tre uomini che diventeranno amici cercano di sfuggire all’infelicità della propria vita reale o immaginaria […]. Caso raro di film italiano che crea un mondo e inventa spazi, fu girato nell’area industriale dismessa dell’Alfa Romeo di Milano (e nei sotterranei del macello comunale), dove lo scenografo Giancarlo Basili ha inventato un microcosmo fantastico con un occhio a Bosch, Escher e la Pop Art. È un film psichedelico in cui Salvatores cerca di aprire nuove porte alla percezione e gioca abilmente le carte dei prestiti, degli stili, delle idee altrui e della contaminazione dei generi» (Morandini).

Paolo Cavara, regista gentiluomo

 

Il 2014 è stato anche l’anno di Paolo Cavara, regista rimosso per troppo tempo nei volumi di storia del cinema. A rendergli giustizia il restauro da parte della Cineteca Nazionale di uno dei capolavori del cineasta, L’occhio selvaggio (1967), presentato all’ultima edizione del Festival di Roma, e la pubblicazione della sceneggiatura del film, edita da Bompiani e curata da Alberto Pezzotta. Non solo, sempre quest’anno sono apparse miracolosamente altre due pubblicazioni: Paolo Cavara. Gli occhi che raccontano il mondo di Fabrizio Fogliato e la riedizione ampliata, riveduta e corretta di un memoir del figlio del regista, Pietro, dal titolo Ricordo di un padre. Paolo Cavara, regista gentiluomo. Come scrive giustamente Fogliato: «Lontano da qualunque forma di intellettualismo Paolo Cavara ha anticipato di decenni temi e dibattiti attuali persino oggi, come quello dell’ecologia e del culto delle apparenze. Ha sempre affrontato gli argomenti più urgenti e scottanti, senza mai alzare la voce, senza mai gridare lo scandalo ma, al contempo, sempre con una fermezza e un rigore che non possono non essergli riconosciuti».

 

ore 19.00 L’occhio selvaggio di Paolo Cavara (1967, 97’)

«Il primo film a soggetto di Paolo Cavara è, forse, la sua opera più importante, e merita, senza ombra di dubbio, di essere collocato tra i grandi film della cinematografia italiana, anche perché, accanto a quella del regista si ascrivono firme altrettanto prestigiose: il soggetto è elaborato con Fabio Carpi e Ugo Pirro, mentre la sceneggiatura è condivisa con Tonino Guerra e si avvale del contributo di un giovane emergente (cinematograficamente parlando) di nome Alberto Moravia. […]. L’“occhio selvaggio” del titolo è dunque quello del regista che riprende le imprese di Paolo, e che è, consapevolmente, complice con lo spettatore che quelle stesse imprese vede sullo schermo. L’“occhio selvaggio” però è anche quello dello spettatore lasciato in balia dell’“ideologia” dell’immagine» (Fogliato).

ore 21.00 incontro con Pietro Cavara e Fabrizio Fogliato

 

Nel corso dell’incontro saranno presentati i volumi di Fabrizio Fogliato Paolo Cavara. Gli occhi che raccontano il mondo (Il Foglio, 2014) e di Pietro Cavara Ricordo di un padre. Paolo Cavara, regista gentiluomo (Aracne, 2014)

 

a seguire La cattura di Paolo Cavara (1969, 98’)

«Per Paolo Cavara la guerra è un abominio, che non esiste solo durante il conflitto bellico, ma è qualcosa che persiste all’interno della società moderna. Per questo ricorre all’astrazione della messa in scena: identifica un luogo volutamente irreale in cui al candore innevato della superficie si contrappone uno spazio ristretto, oscuro e frazionato da cui, per l’essere umano è impossibile tanto uscire quanto divincolarsi dalla presenza metafisica del Male» (Fogliato).

Ingresso gratuito

8-9 novembre

Cineteca Classic: Lech Majewski

Artista, poeta, pittore, compositore, scrittore, produttore, regista teatrale e filmaker, Lech Majewski, è nato a Katowice, in Polonia, nel 1953 e si è diplomato alla Scuola di Cinema di Lodz nel 1977. Ha lavorato come produttore negli Stati Uniti, vive ora in Polonia, tiene lezioni e presenta le sue opere in tutto il mondo. È considerato uno dei cineasti contemporanei più ispirati. Il suo lavoro attraversa vari ambiti artistici e la sua passione per la pittura è una delle principali caratteristiche dei suoi film. L’omaggio a Lech Majewski è stato organizzato nell’ambito di CiakPolska – Festival del Cinema Polacco ed è stato promosso dall’Istituto Polacco di Roma, in collaborazione con la Cineteca Nazione, CG Home Video, Cortoitaliacinema e Rome Independent Film Festival.

 

sabato 8

ore 17.00 Ogród rozkoszy ziemskich di Lech Majewski (Il giardino delle delizie, 2003, 104’)

Claudia, una storica dell’arte specializzata nei dipinti di Hieronymus Bosch, viene colpita da una malattia inguaribile. Insieme al suo amante, Chris, si trasferisce da Londra a Venezia, dove dedica i suoi ultimi attimi di vita all’amore e allo studio dell’opera di Bosch, Il giardino delle delizie. Il film è un affresco che si interroga sui rapporti fra arte e amore, erotismo e morte, creatività e vita. «Per la sua onestà, questo film mette in ombra tutte le storie d’amore raccontate finora. Il giardino delle delizie è uno dei film più potenti mai realizzati negli ultimi anni» («The Washington Post»).

Versione originale con sottotitoli in italiano

ore 19.00 Incontro con Lech Majewski

a seguire Psie pole di Lech Majewski (Onirica, 2013, 99’)

Adam, sopravvissuto ad un incidente d’auto in cui hanno perso la vita i suoi amici più cari, abbandona la sua carriera accademica e si immerge in una dimensione onirica popolata da strane visioni e immagini dantesche. Solo lì riesce a trovare sollievo. Onirica è una visionaria storia d’amore ispirata alla Divina Commedia.

Ingresso gratuito – Versione originale con sottotitoli in italiano

ore 21.30 Ewangelia wedlug Harry’ego di Lech Majewski (Il vangelo secondo Harry, 1994, 82’)

Karen e Wes, una giovane coppia, stanno attraversando una profonda crisi sentimentale. Il motivo fondamentale del loro conflitto risiede nel desiderio da parte di Karen di avere un bambino. Incitata da sua madre, Karen decide di lasciare Wes, che non vuole rispondere ai suoi bisogni. Il vangelo secondo Harry è una storia sulla fine di un rapporto sentimentale e la disumanizzazione della vita che ci minaccia. Girato nel deserto vicino a Leba in Polonia con attori sia polacchi che americani (Viggo Mortensen nel ruolo di Wes), Il vangelo è un film di grande impatto visivo, “una biblica soap-opera”, una metafora dei nostri tempi.

Versione originale con sottotitoli in italiano

domenica 9

ore 17.00 Pokój saren di Lech Majewski (La stanza dei daini. Un’opera autobiografica, 1997, 90’)

In un vecchio palazzo una famiglia di tre persone conduce in apparenza una vita del tutto normale. Con l’arrivo della primavera il loro appartamento si trasforma in un prato e in autunno appaiono i daini. Il film, tratto dal libretto all’opera The Roe’s Room con la quale nel 1996 Lech Majewski ha debuttato come compositore, è una visionaria poesia cinematografica. «È un’opera lirica autobiografica su pellicola, del tutto unica… una parabola sul ciclo della vita di bellezza cristallina. Unica nel suo genere!» («Time Out London»).

Versione originale con sottotitoli in italiano

 

ore 19.00 Wojaczek di Lech Majewski (1999, 89’)

Rafal Wojaczek è il “poeta maledetto” polacco, sempre in lotta con la realtà e la poesia, parte indissolubile della sua esistenza. Il film tuttavia non si concentra sull’opera del poeta, ma è composto di scene, quadri, ricordi, gesti, parole che raccontano la leggenda dell’artista, morto suicida a soli 26 anni, sullo sfondo della realtà polacca degli anni Sessanta. «Magnifico e sorprendentemente arguto. Wojaczek adotta un tono di comicità asciutta e impassibile, che riesce a mantenere grazie a uno straordinario senso di compostezza stilistica. Eccellente!» (Michael Phillips, «Chicago Tribune»).

Versione originale con sottotitoli in italiano

ore 21.00 Młyn i krzyz di Lech Majewski (I colori della passione, 2011, 92’)

Peter Bruegel, il più saggio filosofo tra tutti i pittori, dipinge l’epico capolavoro La salita al Calvario. Lo spettatore segue la creazione del dipinto a partire dai disegni preparatori della tela. Il modo rivoluzionario di rappresentare l’arte permette di “entrare” nel quadro e osservare le storie di alcuni personaggi scelti dal regista tra le oltre cinquecento figure che affollano la tela di Bruegel. Lo sfondo storico è costituito dalla brutale occupazione spagnola delle Fiandre del 1564. Presentato al Sundance Film Festival in anteprima mondiale, e distribuito in più di 50 nazioni, il film è stato definito da Dennis Harvey su «Variety» «un’esperienza coinvolgente» e da Daniel M. Gold sul «New York Times» come «una meditazione stimolante e seducente sull’immagine e il racconto, sulla religione e l’arte».

Vicolo del puttarello, 25 – Roma  ingresso 4 euro rid. 3 euro

 

 

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