CASELLE – L’arresto di Matteo Messina Denaro he decretato per la mafia la fine di un’epoca? Cosa è cambiato, se qualcosa è cambiato, dal 16 gennaio scorso, quando il boss è stato arrestato dopo trent’anni di latitanza? A parlarne, in un dialogo a distanza via Zoom trasmesso sulla pagina Facebook di Angela Grimaldi, oltre alla stessa Grimaldi anche Salvatore Calleri, presidente della fondazione “Antonino Caponnetto” e l’avvocato Antonio Ingroia, presidente di “Azione Civile”. «Indubbiamente qualcosa è cambiato dopo questo arresto – ha commentato Calleri – È stata un’importante vittoria dello Stato: il rischio che si corre ora, però, è che qualcuno pensi che la lotta alla mafia è finita. Non è così. La mafia è in continua evoluzione, come pure lo sono i boss. Matteo Messina Denaro non viveva, come altri prima di lui, in un buco, ma in una normale abitazione in paese, e conduceva, grazie ai tanti fiancheggiatori e all’enorme disponibilità di risorse, una vita normale. E grazie anche ai tanti informatori. Ma poi ha commesso degli errori, evidenti, probabilmente a causa della malattia».
Diversa, per qualche aspetto, la visione di Ingroia: «Un arresto che chiude una stagione ma che nello stesso tempo ne apre una nuova. Non credo che uno dei più astuti criminali abbia commesso errori così marchiani – ribadisce – Sono convinto che questo abbassamento della guardia, come farsi i selfie con gli infermieri o decidere di farsi curare a Palermo, che non era il suo territorio, sono ingenuità da dilettante. A cui credo poco. Mi auguro che la Procura lavori su questo versante, e cioè valutare se questo suo comportamento sia dovuto ad una precisa strategia. La mia impressione è che, viste le sue cattive condizioni di salute, Cosa Nostra lo abbia invitato a portare avanti una missione per conto loro. E credo che la posta in gioco siano il 41 bis e l’ergastolo ostativo».
Bisogna mantenere alta l’attenzione quindi, perché, per riprendere le parole dei due ospiti, oggi la mafia si è mimetizzata. Si è allontana dal modello più violento, quello della mafia cortonese. Spara ancora, ma solo quando serve. Oggi si ispira ad altri modelli. I cittadini non la vedono più. E quando la vedono a volte finiscono con l’adattarsi alla sua presenza.
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