PIEMONTE – Abolire il numero chiuso alla facoltà di Medicina per ovviare alla carenza di medici del Piemonte, come proposto dal presidente Cirio? Può essere una soluzione. Ma di certo non basta senza altri interventi. A rimarcare la situazione, Daniele Valle, Vice presidente del Consiglio regionale, e il Consigliere Mauro Salizzoni. Uno, cioè, che di medicina se ne intende. «In linea teorica si può essere d’accordo sul fatto che sarebbe più equo aprire le porte, dando a tutti gli aspiranti medici una possibilità, mentre oggi la selezione è troppo casuale, e i test di selezione sono una lotteria – spiegano – Ma bisogna tenere conto della realtà».
E la realtà è che oggi gli iscritti al primo anno di Medicina sono 450, ma a fare domanda erano stati 1.500. Abolire il numero chiuso vorrebbe dire triplicare gli studenti, e quindi servirebbero più aule, più docenti, diverse modalità di insegnamento, dal momento che la medicina non si impara con le lezioni o seguendo corsi dal pc, ma stando in corsia e facendo pratica. «Per questo è necessario investire sull’edilizia universitaria e nell’assunzione di personale – aggiungono – Se si vuole abolire il numero chiuso prima bisogna creare le giuste condizioni altrimenti, oltre che non realistico, sarebbe controproducente a livello di qualità della formazione. E se il modello che si vuole adottare è quello francese, lo si copi pure, ma nel modo corretto. Perché il sistema francese prevede una dura selezione nei primi due anni. La vera causa della carenza di medici non è il numero chiuso. Ci sono pochi medici perché nessuno li assume. E si sono pochi medici specialisti perché poche sono le borse di studio per specializzandi, e pochi i luoghi di specializzazione: per questo molti preferiscono andare all’estero. Non è un caso che la Germania contatti i nostri studenti già dal quarto anno. Superare il numero chiuso non è cosa che si possa fare dall’oggi al domani e non è certo questo che ci renderebbe competivi rispetto ad altri paesi».
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