PIEMONTE – “Forse ancora non si è compreso bene di cosa c’è bisogno e di quali sono i reali bisogni di cura dei cittadini, nonostante questa emergenza li abbia portati completamente in evidenza. La fase due deve prevedere la presa in carico del paziente sul territorio e a domicilio, soprattutto per quel che riguarda le persone anziane, spesso accompagnate da malattie croniche.”
A dichiararlo è Francesco Coppolella, Nursind Piemonte, che aggiunge:
“Nel 2002 dati ISTAT, gli ultrasessantacinquenni in Piemonte erano 895.861, nel 2019 sono 1.112.742 su una popolazione di poco più di 4 milioni. L’indice di vecchiaia è passato da 175,8 a 205,9. Si stima che la popolazione anziana nei prossimi vent’anni sarà l’unica a crescere. Nei prossimi 20 anni ( IRES PIEMONTE ) gli ultra 65 aumenteranno del 16,9% mentre gli ultra 75 del 11,9 per un complessivo invecchiamento della popolazione vicino al 30%.
L’invecchiamento della popolazione e l’allungamento dell’aspettativa di vita – prosegue Coppolella – porta inevitabilmente a l’instaurarsi una o più patologie croniche nei soggetti anziani che rappresentano le nostre fragilità.
L’emergenza coronavirus ha dimostrato invece la fragilità del nostro sistema regionale nel rispondere a questo bisogno di cura, la necessità di una presa in carico totale del paziente.
Come abbiamo potuto vedere, presa in carico non vuol dire solo fare diagnosi e prescrivere terapie ma una cosa decisamente più complessa che necessita di risorse e competenze dando centralità al paziente. Abbiamo bisogno di potenziare l’assistenza domiciliare e quella delle residenzialità.”
“C’è bisogno di professionisti presenti e competenti – conclude Coppolella – in grado di valutare lo stato di salute e i bisogni della persona, facilitare i percorsi nei diversi servizi, erogare interventi assistenziali personalizzati alla persona, verificare e monitorare i risultati e i percorsi di continuità assistenziale tra sociale e sanitario, tra ospedale e territorio , residenziali e semi-residenziali e tanto altro ancora.
Le risorse e le competenze infermieristiche sono necessarie e fondamentali nella riorganizzazione che la nostra sanità dovrà per forza di cose impegnarsi ad attuare nell’immediato. L’emergenza l’ha reso visibile.
Non è possibile e concepibile che si debba servire del pronto soccorso o di un letto ospedaliero per fare cose che si possono fare a casa o nelle Rsa, prima , meglio e bene monitorando il percorso e gli esiti.
Ci renderemo subito disponibili per fare avere il nostro contributo alle istituzioni attraverso un documento che contenga proposte concrete e costruttive.”
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