Nella primavera di un anno che avrebbe cambiato radicalmente la storia europea i rappresentanti dei 3 Stati che formavano la società francese del 1789 si recano a Parigi, convocati dal sovrano Luigi XVI, con il compito di riunirsi per risolvere i gravi problemi che affliggono la Francia.
La convocazione degli Stati Generali era un evento piuttosto raro in un paese che non conosceva Parlamenti e che riconosceva come unica fonte di autorità la persona del monarca assoluto, dotato di poteri soprannaturali, rappresentante di Dio sulla terra. L’ultima volta che si erano riuniti gli Stati Generali era stato nel 1614 e la Francia, senza un sovrano maggiorenne, era nelle mani di un’italiana, Caterina Medici, che i francesi non riconoscevano come regina.
Ciò che però colpisce di questa storia non è l’eccezionalità dell’evento, la convocazione di un’assemblea che riuniva rappresentanti di tutta la società francese, quanto il bagaglio con cui i delegati del Terzo Stato si recano a Versailles. Nelle loro borse e nelle loro valigie si portano i cosiddetti quaderni di doglianza, che hanno raccolto fra i contadini, i commercianti, i borghesi che costituiscono il 95% della popolazione francese. Nei quaderni hanno registrato e annotato il disagio, la sofferenza, la speranza di un mondo che non vuole più restare in silenzio. Nei quaderni si lamentano le tasse ingenti e insostenibili.
I rappresentanti del Terzo Stato entrano nella grande grande sala delle riunioni, nel maggio dell’89 e non sono soli, perché con loro c’è una popolazione intera che parla e chiede di essere ascoltata. Attraverso i quaderni la massa anonima dei senza nome e senza voce entra nella Storia e interpella il Potere. Insieme alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo i quaderni costituiscono l’avvio di un nuovo modo di concepire la politica e lo Stato. I francesi diventano cittadini perché non vogliono sentirsi semplicemente sudditi. La democrazia moderna sorge come richiesta impetuosa e accorata di diritti e di equità. Di fronte a tutto questo il Re di Francia non ebbe la capacità e la lungimiranza di ascoltare e di promuovere il bisogno che scaturiva dal corpo vivente della società francese e per questo la Rivoluzione divenne funesta e violenta.
A distanza di due secoli il senso della democrazia non è mutato. Non ci sono alternative. Se il Potere si rende insensibile alla richiesta di partecipazione dei senza volto, la frustrazione rischia di trasformarsi in rabbia indiscriminata. Dopo l’89 l’istinto democratico che i quaderni incarnano si trasfigura nel suo doppio malvagio e diventa Terrore distruttivo per opera di Robespierre.
Se riannodiamo i fili della Storia la lezione è piuttosto chiara. Nel momento in cui le ragioni legittime della giustizia e dell’uguaglianza non trovano una corrispondenza adeguata nelle pratiche democratiche, la rivolta diventa rivoluzione e smarrisce se stessa nella furia violenta e nel fervore distruttivo.
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