LEINI – Edith Bruck, poetessa, scrittrice, regista, sceneggiatrice, traduttrice e mille altre cose ancora, deportata a soli tredici anni nel campo di sterminio di Auschwitz, sarà ospite, in collegamento, dell’iniziativa organizzata dalla sezione Anpi di Leini, con il patrocinio dell’assessorato alla Cultura, in occasione delle celebrazioni per la Giornata della Memoria. Appuntamento, dalle 18 di sabato 3 febbraio 2024, al teatro Pavarotti. L’ingresso è libero sino ad esaurimento posti: per informazioni e prenotazioni è necessario inviare una mail all’indirizzo anpi.leini@gmail.com.
Nata in Ungheria da una famiglia ebraica, Edith inizia sin dalla tenerissima età a fare i conti con le discriminazioni che in quegli anni bui colpiscono gli ebrei fino a che, a tredici anni, viene deportata dapprima ad Auschwitz e poi in altri campi, tra i quali Dachau e Bergen – Belsen, da dove sarà poi liberata nell’aprile del 1945 assieme alla sorella. Uno dei pochi parenti rimasti, dal momento che i genitori e molti altri suoi familiari non faranno mai ritorno dai campi di sterminio. La sua odissea però, non finisce qui. Terminato il dramma della deportazione, con tutte le ferite che un’esperienza del genere può lasciare, inizia una nuovo dramma: quello di trovare un proprio posto in un mondo profondamente cambiato, nel quale non ha più radici e che si dimostra ostile nei confronti dei deportati che hanno avuto la fortuna di potersi salvare. Torna in Ungheria ma ben presto si rende conto di non poter vivere in quella terra.
Prova a ricongiungersi in Cecoslovacchia con una sorella, salvata grazie all’italiano Giorgio Perlasca, ma la cosa non va buon fine. Raggiunge, allora, il neonato stato di Israele, credendo di poter trovare in quella terra quella pace e quella serenità di cui ha bisogno per provare a ricominciare a vivere. Ma il suo sogno si trasforma in un incubo: tensioni, guerre, paura e preoccupazioni continuano a perseguitarla anche in quella che doveva essere la sua nuova casa. E arriva in Italia dove, finalmente, si stabilisce. Sposandosi, avviando una brillante carriera che la porta a toccare ambiti diversi e, soprattutto, raccontando e mantenendo vivo il ricordo del dramma vissuto nei lungi e bui mesi dell’internamento. Perché quel ricordo venisse tramandato alle nuove generazioni, e gli errori, e gli orrori, di quel periodo rimanessero appesi alle coscienze come un monito a non dimenticare, non ripetere, non rivivere di nuovo.
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