LOMBARDORE – Non l’avrebbe mai pensato, nonno Antonio, nei lunghi mesi di prigionia, durante la guerra, che un giorno, moltissimi anni dopo, la sua storia sarebbe stata raccontata ai bambini. E avrebbe immaginato ancor meno che la sua storia, non la storia di un eroe ma di un ragazzo chiamato a combattere una guerra che come molti altri come lui non capiva e non condivideva, preso prigioniero, costretto a stringere i denti per resistere a fame, freddo e fatica ogni giorno per poter tornare a casa, sarebbe stata ascoltata dai bambini.
Come una fiaba, di quelle che si ascoltano senza fiatare, senza distrarsi. Ma a cambiare il destino di quella storia, che altrimenti sarebbe caduta nell’oblio, dimenticata come molte altre storie simili, di ha pensato il nipote, Matteo Papagni. Che, partendo da lettere, cimeli e ricordi l’ha ricostruita, l’ha smussata degli angoli più cruenti e drammatici (che pure non sono mancati) perché i giovanissimi spettatori potessero capirne l’essenza senza essere turbati dagli orrori della guerra, e l’ha raccontata, per evitare che nonno Antonio e tanti altri che come lui che hanno condiviso lo stesso triste destino finissero dimenticati.
Ma forse neppure Matteo immaginava che quella storia potesse avere tanto successo. Perché un conto è raccontarla a Lombardore, dove tutti, o quasi, ti conoscono e ti apprezzano. Oppure nelle vicina Rivarossa, a un tiro di schioppo. O anche a San Benigno, che con Lombardore condivide una direttrice didattica affascinata dal racconto e dal modo di esporlo, e intenzionata a farsi sentire a tanti bambini. Ma quando arriva una telefonata da Bobbio Pellice, e il sindaco Mauro Vignola ti invita a ripetere quella storia per l’ennesima volta davanti ai bambini di quella località, e successivamente a partecipare all’omaggio al monumento che commemora i caduti bobbiesi, allora vuol dire che ricostruire e raccontare quella storia è stata una cosa grande, bella e importante. E che la prigionia di nonno Antonio non è stata inutile.
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