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BIELLA – Pronunciata in Tribunale la prima condanna per mafia nel biellese

È l'epilogo di una lunga attività investigativa

BIELLA – E’ stata pronunciata ieri nelle aule del Tribunale di Biella la prima condanna per mafia operante nel territorio biellese, che conferma e sancisce l’esistenza della ‘ndrangheta in questa provincia.

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Epilogo di una lunga e complessa attività investigativa iniziata nel 2009, ad opera della Squadra Mobile di Biella e di Torino, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Torino.
Il Tribunale di Biella ha pronunciato sentenza di condanna nei confronti degli imputati RASO Antonio, DI CORRADO Angelo ed OPERTA Suvad, tutti segnalati alla competente Autorità Giudiziaria, unitamente a numerosi altri soggetti, all’esito di attività investigativa mirata al contrasto della criminalità organizzata di tipo ‘ndranghetista, con particolare riferimento alle propaggini piemontesi delle cosche “RASO – GULLACE – ALBANESE” di Cittanova e “PESCE – BELLOCCO” di Rosarno.

In particolare, RASO Antonio è stato condannato alla pena di anni 14 di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso, in qualità di capo promotore del ramo biellese della cosca di riferimento e della c.d. “locale di ‘ndrangheta di Santhià”, nonché per tre casi di estorsione nei confronti di imprenditori biellesi, aggravata dalle modalità mafiose previste dall’art. 7 DL 152/91. Nei confronti di RASO Antonio, oltre al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite, tra cui il Comune di Santhià, è stata altresì ordinata la confisca di quanto già oggetto del provvedimento di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. di Torino in data 16 giugno 2016, relativo a conti correnti, beni mobili ed immobili.

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Il commercialista DI CORRADO Angelo è stato condannato alla pena di anni 8 di reclusione e € 2700 di multa per concorso esterno in associazione mafiosa, avendo agito, pur mantenendo relativa autonomia, con la consapevolezza di così contribuire alla permanenza ed al consolidamento del sodalizio criminoso dei RASO; per concorso di persone nella detenzione e nel porto illegale in luogo pubblico di una pistola, con l’aggravante di cui all’art. 7 DL 152/91 per aver commesso il fatto al fine di agevolare l’associazione ‘ndranghetistica dei RASO nonché per estorsione aggravata dalle modalità mafiose previste dall’art. 7 DL 152/91, perpetrata, unitamente a membri della cosca RASO, nei confronti di imprenditori locali.

Il cittadino bosniaco OPERTA Suvad, originariamente sottrattosi all’esecuzione delle misure cautelari disposte nell’ambito dell’operazione “Alto Piemonte” e tratto in arresto dagli investigatori della Squadra Mobile in data 21 marzo 2017 di ritorno dalla Bosnia, è stato condannato alla pena di anni 7 di reclusione ed € 27.000 di multa, per illegale detenzione e porto in luogo pubblico di due pistole, armi comuni da sparo, con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di agevolare l’associazione ‘ndranghetistica dei RASO; per rapina aggravata perpetrata, in concorso con appartenenti alla famiglia RASO, nei confronti del gestore di un locale notturno; per aver, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in concorso con appartenenti alla cosca RASO, illecitamente ceduto in più occasioni sostanza stupefacente del tipo cocaina.

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Già in data 15/10/2018 la Corte d’Appello di Torino aveva sostanzialmente confermato le pene inflitte all’esito del processo celebratosi con rito abbreviato nei confronti dei figli di RASO Antonio, tutti condannati per associazione mafiosa ed una pluralità di altri reati ed attualmente ristretti presso strutture detentive, nonché nei confronti di soggetti ritenuti attigui al sodalizio mafioso dei RASO: RASO Diego, anni 14 e mesi 2 di reclusione; MICCOLI Antonio, anni 13 e mesi 2 di reclusione; RASO Enrico, anni 8 e mesi 8 di reclusione; RASO Giovanni (detto “Rocco”), anni 8 e mesi 7 di reclusione; RASO Giovanni, anni 6 e mesi 11 di reclusione; DI MAURO Cosimo, anni 4 e mesi 4 di reclusione; AVENOSO Giuseppe, anni 3 e mesi 10 di reclusione.

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