martedì 5 Novembre 2024

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CINEMA È – Beatrice Vargiu, giovane regista canavesana

SAN GIORGIO CANAVESE – Una passione per il cinema che l’ha portata a lasciare il Canavese, terra natia, per inseguire un sogno in quel di Milano. Un amore per la “macchina da presa”, per il ruolo di regista, ma anche di sceneggiatrice, che l’ha portata, a soli 25 anni, a farsi conoscere per la sua bravura e per la sua forza, grazie ad una serie di opere che hanno ricevuto (e stanno ricevendo) premi e riconoscimenti in diversi festival nazionali ed internazionali.

Beatrice Vargiu è partita da Cortereggio, frazione di San Giorgio, alla volta della metropoli lombarda, prima al fine di ampliare gli studi, quindi per coltivare un sogno. Un sogno grande, ma anche capace di regalare emozioni vere e profonde. Perché l’arte è veicolo straordinario, che permette di esprimersi nella maniera più diversa, ma sempre offrendo spunti importanti.

“Diciamo che il cinema è senza dubbio il metodo più vero, profondo per esprimere ciò che normalmente metto su carta – racconta Beatrice – Io nasco principalmente come sceneggiatrice, quindi dalla parola. Mi sono avvicinata al cinema per concretizzare quello che mi passava nella mente, scelta dettata dal fatto che è una forma d’arte incredibilmente completa, che in sé racchiude tutte le altre arti, dove queste possono essere espresse nella maniera migliore e più libera possibile. E’ uno degli aspetti che mi affascina di più e che mi ha portato a frequentare la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano ed a trasferirmi”.

A cavallo tra i 2020 ed il 2021 la canavesana ha realizzato il suo primo film, dal titolo “Hay almas (Ci sono anime” che subito ha riscosso parecchio interesse, mettendosi in luce in alcuni festival. Invece, l’ultima sua opera è “Arriverà l’Aurora”, cortometraggio in cui la memoria, vista sia come passato (quella legata alla guerra) che come presente (riferita a quella della protagonista) è al centro dell’attenzione.

Ma qual è stato il film che ha fatto “scattare” qualcosa di speciale in Beatrice? “E’ “The tree of life” di Terrence Malick del 2011. Ha un significato davvero speciale, tanto che il titolo me lo sono tatuato addosso. E’ un film che qualcuno può definire “pesante”, ma con la sua narrazione non lineare e la libertà di interpretazione che richiede questa pellicola mi ha toccato nel profondo”.

Nel suo percorso sin qui fatto Beatrice Vargiu ha pure “incrociato la strada” con un altro canavesano, ovvero Stefano Saccotelli, attore anche lui di San Giorgio: “Ci siamo conosciuti in occasione del casting del mio primo cortometraggio. E’ sembrato quasi un segno “divino”, perché non sapevamo di essere concittadini. E’ nata una bellissima collaborazione, duratura e molto proficua”.

Che è proseguita con “Tra moglie e marito”, corto legato al genere horror, nel quale i due hanno lavorato assieme in maniera molto proficua: “Il progetto, va detto, non nasce dalla mia penna, bensì la regia mi è stata commissionata da Carlotta Contini, produttrice e scrittrice. E’ stata una bella esperienza, anche questa formativa, che ha ottenuto premi e parecchio interesse”.

Entrando un po’ di più nei sogni nel cassetto della giovane sangiorgese, guardando al futuro Beatrice si augura di poter lavorare con quei professionisti che lei, oggi, tanto apprezza: “Se devo fare dei nomi direi che a livello registico mi piacerebbe lavorare con Alice Rohrwacher, che per metodo ed impegno è senza dubbio una delle mie preferite. A livello di attori, invece, ce ne sono tantissimi, ma a livello italiano dico Alba Rohrwacher e Sergio Castellitto, mentre a livello internazionale tra i più eclettici in circolazione c’è James McAvoy. Ho avuto poi il piacere di dirigere Stefania Rocca, che si è prestata a lavorare con me per un bellissimo progetto e che si è dimostrata a dir poco straordinaria”.

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