Sono Annamaria, non ti chiedo consigli sulla mia vita privata ma vorrei sapere da te se la vita privata di ciascuno di noi incide sul rendimento professionale. Sai ho una collega che ama dire che, lei, al lavoro, non porta i suoi problemi familiari, quelli, ribadisce sempre che li lascia a casa.
È possibile davvero lasciare a casa i problemi e lavorare bene?
Io ci credo poco perché ho diverse colleghe che sono acide ed intrattabili perché sembrano sempre in conflitto con i loro partner, altre che (per fortuna) lavorano sodo come se il lavoro fosse il loro unico scopo nella vita, per caso il lavoro per taluni è curativo?
Il mio ambiente di lavoro sembra in generale un luogo dove si tessono relazioni extraconiugali ed intrighi vari, come può occuparsi pienamente del proprio lavoro un uomo/ donna sempre presi dal sedurre qualche collega?
Ti chiedo se ti risulta che il lavoro venga molto influenzato dalla qualità della vita privata, affettiva e relazionale di ognuno.
Addirittura c’è una collega che tratta bene o male la clientela a seconda di come va la sua relazione di volta in volta con un nuovo amante, ti sembra possibile tutto questo?
A volte penso con invidia che i professionisti privati tipo i commercialisti con il loro studio (tanto per citare una categoria a caso), non abbiano stress e lavorino meglio, infatti vengono a fare tanti servizi da noi e mi sembrano più sereni.
Ma la normalità appartiene solo a quelli che lavorano in proprio? Almeno loro non hanno relazioni ed intrighi come chi lavora con tanti colleghi ogni giorno, non trovi?
Grazia da Como
“IL LAVORO NOBILITA L’ UOMO..”
Qualcuno ha detto.
Affronto alcune tematiche riguardanti il lavoro, dal punto di vista giuridico, in occasione di convegni nelle Università.
È molto raro che in un’ azienda ci si preoccupi realmente di come vivono i dipendenti e se ci sono conflitti personali e tra dipendenti. Le relazioni sentimentali che poi si intrecciano sul posto di lavoro non fanno più notizia ormai ma creano caos.
A chi giura di lasciare i problemi personali a casa e di non portarli sul lavoro, rispondo che dice il falso perché è categorico il comportarsi in un certo modo sul lavoro in base alle preoccupazioni personali di ognuno, chi più, chi, meno. Nei luoghi di lavoro si finisce sempre con il dire più o meno, a proposito dei colleghi: “Quello è strano perché è single. Quella è nervosa perché è sposata. Quell’ altro è triste perché è stato lasciato…”
Ci sono scusanti per ogni situazione personale.
È risaputo anche che lo stress e l’ansia incidono sulla performance aziendale, la buona comunicazione che dovrebbe esserci in qualsiasi settore di lavoro tra colleghi, con i superiori e verso gli utenti o clienti, dovrebbe migliorare con l’esercizio proprio come l’ allenamento fisico che si fa in palestra.
Io mi occupo di comunicazione e dunque non posso immaginare la sua mancanza.
Quando non si comunica più, scoppia una guerra, nelle coppie ma anche al lavoro.
Il lavoro è fatto di comunicazione, a qualsiasi livello e questo comporta, da parte di ciascun lavoratore il saper ascoltare, leggere le altrui intenzioni nel comportamento non verbale, negoziare, sedurre l’ interlocutore, farsi ascoltare, collaborare; una buona comunicazione può esserci ovunque se non ci sono conflitti personali irrisolti.
Va anche detto che gli ambienti di lavoro (soprattutto quelli grandi) mi ricordano spesso la serie televisiva “LOVE BOAT” ove quasi ognuno vorrebbe incontrare l’amore o la soluzione ai propri problemi affettivi e sessuali e la qualità del lavoro passa tante volte in secondo piano (triste ma vero).
I liberi professionisti sono più sereni? Non mi risulta proprio e poi non esiste una regola, sicuramente il medico rappresenta la categoria di professionisti più importante in assoluto a tal punto che, se non cura in tempo una persona per problemi suoi personali (ne ho conosciuto uno ospedaliero molto bravo ma in piena crisi da separazione conflittuale), può fare gravi danni ed anche causare la morte di un paziente per un errore.
Gli errori possono essere commessi dai liberi professionisti in preda alle loro crisi personali ed esistenziali (ne conosco tanti da poter scrivere un libro sui mille problemi che hanno anche loro), poi ci sono i liberi professionisti che vivono quasi in simbiosi con il computer, tipo i commercialisti, i consulenti del lavoro, gli ingegneri informatici, tra questi, diversi che ho incrociato, li ho individuati come dei folli nella loro vita privata o altamente insoddisfatti ma almeno, molto presi dalla loro attività, questo si che ha un effetto curativo.
Penso al grande Alberto Sordi, uno scapolo convinto, molto bravo nel suo lavoro da farlo bene, uno che si butta solo nel lavoro, ne fa il suo unico scopo di vita.
Tornando invece ad un professionista che vive in simbiosi con il suo pc al punto da avere poi dei conflitti con le persone perché troppo preso dal virtuale e poco dal reale, il lavoro può essere la sua unica ancora di salvezza e fa bene il suo lavoro, certo, fa solo quello!
Sai quanti single squilibrati ho incrociato sui social, tutti presi dal loro lavoro con il pc?
Annamaria, immagina un/ una single, mai sposato/a, di una certa età, che cosa farebbe se non avesse almeno lo sfogo di un’ attività da svolgere, andrebbe a fare pazzie per le strade o cosa?
Non tutti quelli che lavorano in proprio sono più normali, come hai detto tu, Annamaria. Posso dirti di aver conosciuto solo alcuni ingegneri e commercialisti non tutti normali e, di recente, un consulente del lavoro con diversi conflitti irrisolti che trascorreva diverse ore in chat a scrivermi come immaginava la sua donna ideale, cosa avrebbe di normale uno così? Un uomo normale va a conoscere una donna dal vivo.
Il pc, ad alcuni serve per crearsi una realtà immaginaria, con foto di donne, siti vari, credo invece nel valore curativo del lavoro se non si perde il contatto con gli altri.
Un medico che cura i pazienti dal vivo e vive in ospedale molte ore al giorno con il personale sanitario, raramente lo incontri ad immaginare donne sui social come quel consulente del lavoro che ho invece incrociato io nei contatti, del resto, gli squilibri mentali si nascondono bene nei leoni da tastiera.
Lavorare socializzando, è veramente curativo, ed è preferibile (secondo me) al lavoro autonomo nei soli casi in cui si finisce con il fantasticare le situazioni usando la tastiera, il lavoro deve far sentire utile una persona e non farla “scemunire” parlando nelle chat come fantasmi perché si hanno problemi dal vivo.
“L’UOMO È UN ANIMALE SOCIALE!” Cit Aristotele.
Chiunque può scrivere un messaggio privato alla dottoressa Alessandra Hropich su questioni sentimentali, al seguente link:
https://www.facebook.com/La-mia-Posta-del-cuore-104883382245294/