ROMA – Non ce l’ha fatta Sinisa Mihajlovic a vincere la sua battaglia contro la leucemia. La malattia che ha attanagliato la sua vita negli ultimi 3 anni se l’è portato via in una fredda giornata di dicembre strappandolo all’amore dei suoi cari e all’affetto di migliaia di tifosi che, accantonata la sua carriera calcistica e di allenatore, aveva tifato per lui nella lotta contro questa terribile malattia da lui affrontata a muso duro, senza mai arrendersi e perdere le speranze come solo i grandi lottatori sanno fare. Da lui annunciata nel 2019 tramite una conferenza stampa era diventata l’avversaria da battere ad ogni costo; ha lottato tanto Sinisa, l’ha fatto per lui, per la sua compagna di vita e per i suoi figli, oltre che per tutti coloro che l’hanno amato e che non lo potranno mai dimenticare.
Serbo, classe 1969, ha conosciuto gli orrori della guerra etnica ed è calcisticamente emerso con la Stella Rossa di Belgrado vincendo la Coppa dei Campioni a soli 22 anni nel ruolo di centrocampista e difensore. Passato poi alla Roma nel 1992, dopo due anni arriva alla Sampdoria diventando il pupillo di un allenatore del calibro di Sven Goran Eriksson che lo fa crescere e diventare sempre più forte al centro della difesa. Dopo alcuni anni passa alla Lazio e vi rimane sino al 2004 chiudendo la sua carriera di calciatore nel 2006, dopo due stagioni trascorse all’Inter.
A livello personale Mihajlovic ha sofferto molto per quanto accaduto nella sua terra natia, la sua Serbia, pressata da una tra le più dure e tragiche guerre degli ultimi trent’anni. Non ha mai negato la sua amicizia con Zeliko Raznjatovic, ex capo ultrà della Stella Rossa, meglio noto come il comandate Arkan e ha più volte dimostrato solidarietà verso la sua patria. Chiusa la carriera calcistica si dedica a quella di allenatore guadagnandosi il soprannome di “sergente” per i duri metodi di allenamento. Allenatore del Torino dal maggio del 2016 a gennaio del 2018, passa poi allo Sporting Lisbona, per ritornare al Bologna dopo 10 anni, sino alla scoperta della malattia. Da qui la partita per la vita, la stessa che, purtroppo, proprio oggi ha perso.
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