TORINO – In provincia di Torino rimane ancora inattuata l’ordinanza regionale firmata dal Presidente Alberto Cirio, ormai un mese fa, per scongiurare la diffusione del virus della Peste Suina Africana tra i cinghiali. La misura straordinaria, che prevedeva l’abbattimento di 50 mila capi in Piemonte entro il 30 giugno, risulta però al momento ancora in fase di stallo.
L’8 aprile la Città Metropolitana ha pubblicato l’avviso per le manifestazioni di interesse “all’inserimento nell’elenco regionale quale addetto alla gestione di impianto di cattura e/o addetto all’attività di controllo selettivo-contenimento mediante abbattimento” delle figure abilitate in passato per contenere i cinghiali. Sono compresi gli agricoltori, che potranno iscriversi a un elenco provinciale, ed essere autorizzati ad operare nel tiro notturno con l’ausilio di fonti luminose. Questi operatori parteciperanno anche ai corsi di formazione per operare in presenza di possibili cinghiali infetti da PSA (non ancora riscontrata in provincia di Torino).
«Chiediamo un incontro urgente con il prefetto per avviare con la massima urgenza il depopolamento dei cinghiali nel Torinese. Dopo le continue sollecitazioni di Coldiretti Torino siamo ancora all’avvio delle procedure ma di cinghiali abbattuti in emergenza ancora non se ne vedono. Se non si parte con queste misure straordinarie, tra qualche settimana, come tutti gli anni, assisteremo sicuramente ai primi danneggiamenti dei foraggi e delle colture appena seminate. Ricordiamo che, oltre allo sfoltimento per contenere l’epidemia c’è la necessità di non perdere quote di raccolto nell’anno in cui stiamo toccando con mano la carenza di mais e altre materie prime alimentari come conseguenza della guerra in Ucraina» commenta il Presidente di Coldiretti Torino Sergio Barone.
Gli strumenti previsti dall’ordinanza regionale rimangono sulla carta a ormai tre mesi e mezzo dalla segnalazione dei primi casi di PSA e a due mesi dalla scadenza delle misure straordinarie. L’obiettivo è di arrivare ad abbattere almeno 50mila cinghiali in tutto il Piemonte, compresi quei parchi regionali e provinciali che, finora, non hanno mai effettuato contenimenti della specie. Ma a frenare l’avvio del piano di depopolamento ci sono anche le resistenze inaccettabili di alcuni Ambiti territoriali di caccia e Comprensori alpini, gli enti che devono gestire l’attività venatoria nei territori.
«Siamo fortemente preoccupati per la reale attuazione del piano di depopolamento. Se il virus della PSA dovesse arrivare anche tra i cinghiali della provincia di Torino (ora è confinato tra basso Piemonte e Liguria ndr) il danno sarebbe enorme. Per questo chiediamo che anche il prefetto faccia sentire la sua voce» ha concluso Barone.
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