CASELLE – Le iniziative volte a promuovere la legalità e a contrastare le mafie sono sempre positive. Che siano più o meno originali, che siano più o meno riuscite, che attirino più o meno pubblico, implicano sempre l’impegno di chi organizza, la determinazione di chi relaziona e l’attenzione di chi assiste, e ogni volta, comunque, piantano un seme, più o meno grande, di legalità. Sia che queste si svolgano il 21 marzo, in occasione della Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo della vittime innocenti di mafia, sia che vengano organizzate in uno qualunque degli altri 364 giorni dell’anno.
L’iniziativa messa in campo a Caselle, promosso dall’assessorato e dalla Commissione Pari Opportunità, con l’assessora Angela Grimaldi e la presidente Loredana Bagnato a fare gli onori di casa, è stata di quelle che lasciano un segno. Perché riunione attorno ad un tavolo (virtuale, dal momento che ognuno era collegato dalla propria abitazione, ma se c’è una cosa positiva che ha lasciato la pandemia in mezzo a mille tragedie è stato il fatto di dare impulso a incontri on line, che abbattono tempi e distanze) una testimone di giustizia come Piera Aiello, cognata di Rita Atria; un giornalista in prima linea contro la criminalità organizzata come Lirio Abbate, e un giudice, oggi avvocato, come Antonio Ingroia, che ha lavorato gomito a gomito con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, beh, non è proprio uno scherzo. Anche perché certe testimonianze sono da brividi: «La mia lotta alla mafia non è iniziata da quando sono diventata testimone di Giustizia – ha spiegato Aiello, oggi parlamentare – ma da molto prima. Da quando buttavo le armi o la droga che mio marito portava in casa, pur sapendo che mi avrebbe picchiata».
Come fare per indebolire il fenomeno mafioso? Parlarne, secondo Abbate. E confidare sulle capacità di lottare delle donne: «Donne che oggi si ribellano a quella mentalità. È necessario raccontare le loro storie. È necessario parlare di questo fenomeno, perché raccontare certe cose più essere più dannoso, per i mafiosi, di un avviso di garanzia». A Ingoia è andato, invece, il compito di ricordare i due giudici uccisi a Capaci e in via D’Amelio: «La loro morte ha portato una reazione della gente. Reazione che ha contrastato il nostro momento di scoramento, e ci ha dato la spinta per andare avanti. Ma quel processo virtuoso è durato troppo poco. Cosa resta oggi della lezione di Giovanni e Paolo? Molto, in poche persone. Poco in troppe. Oggi, solo perché è meno appariscente, si pensa che la mafia sia stata sconfitta, che non ci sia più. Non è così».
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