La variante Delta spinge i contagi che entro fine agosto potrebbero essere oltre 30mila al giorno, cioè quanti oggi in Gran Bretagna. E’ quanto sostiene Sergio Abrignani, immunologo dell’Università di Milano e membro del Cts, in un’intervista a ‘La Repubblica’, dove tuttavia sottolinea come l’Italia deve osservare cosa accade nel Paese guidato da Boris Johnson per decidere che interventi fare. “Soprattutto, vediamo l’impatto dei casi gravi che, per adesso, non sembrano tanti. Il Covid potrebbe diventare come un’influenza”, afferma.
Quanto ai festeggiamenti per la vittoria dell’Italia agli Europei di calcio, l’esperto ammette: “Nessuno sa ancora quanto incideranno sulla crescita dei contagi, possiamo però dire che si è trattato di un comportamento a rischio. Comunque, anche quando l’Inter ha vinto lo scudetto e ci sono stati casi di assembramento impressionanti, ma non si sono poi osservati picchi, anche se erano i tempi in cui si stava diffondendo la variante inglese, non la Delta. In un lasso di tempo da 4 a 7 giorni vedremo se le infezioni aumentano”.
Tuttavia, sottolinea Abrigani, “in questa situazione non piacevole, ci fa star bene vedere che, dove il tasso di vaccinazione è ampio, si è protetti dalle forme gravi. Invece di morire una persona infettata ogni 50, infatti, a perdere la vita è una su mille”. In Italia “ci aspettiamo un po’ meno protezione però non stiamo mollando tutto come gli inglesi e poi abbiamo molti meno casi di loro, cioè in media un migliaio contro oltre 30mila al giorno. Comunque, in un mese e mezzo arriveremo ai loro stessi numeri”.
“Abbiamo però il vantaggio di poter osservare come vanno le cose da loro, visto che siamo circa un mese e mezzo indietro. Non è detto che alla fine abbiano ragione ma di certo la loro politica ha una base scientifica. Se vediamo che arrivano a 70 o 80 mila infezioni al giorno e non hanno un aumento importante di occupazione delle terapie intensive o di morti, la politica del nostro Paese deciderà cosa fare. Certo, per un’influenza l’Italia non è mai stata chiusa”.
“Le vaccinazioni sono l’unica certezza che abbiamo. Una dose protegge comunque dalla malattia grave. Sappiamo poi dagli studi di Israele che di fronte alla variante Delta due dosi di Pfizer proteggono meno dalla malattia lieve o asintomatica, visto che la copertura scende dal 94 al 64%, ma sono comunque efficaci contro le forme più pesanti, visto che le due percentuali sono rispettivamente 95 e 93%”, ricorda Abrignani che sulla terza dose dice: “Non sappiamo ancora quanto dura la memoria immunitaria di chi è vaccinato. Dobbiamo aspettare e capire quando coloro che hanno avuto la somministrazione per primi, tra gennaio e febbraio di quest’ anno, inizieranno ad ammalarsi in modo grave. A quel punto sapremo per quanto tempo è efficace il vaccino ma intanto, grazie a tutti quelli che abbiamo utilizzato negli ultimi 50 anni, sappiamo che la memoria immunologica di solito dura anni, non mesi. Comunque, è possibile che una terza dose di richiamo serva, prima di tutto alle persone più fragili”.
(AdnKronos)
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