lunedì 4 Dicembre 2023

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TORINO – Gli infermieri sono scesi nuovamente in piazza: “Mai più morti per mancata assistenza”

Nursind Piemonte: “Bisogna avere il coraggio di dirlo, perché così è stato. Non è stato solo il virus a provocare cosi tanti morti.”

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TORINO – Questa mattina gli infermieri sono scesi in piazza per chiedere riforme per il sistema sanitario affinché non ci siano più morti e sofferenza per mancata assistenza, “bisogna avere il coraggio di dirlo, perché così è stato. Non è stato solo il virus a provocare cosi tanti morti. Quando sono terminati gli applausi – dichiara Francesco Coppolella, Nursind Piemonte -dai balconi è terminata anche l’attenzione delle istituzioni a quella che era una richiesta legittima di valorizzazione e riconoscimento che non è mai arrivata.”


“Abbiamo manifestato più volte la nostra angoscia, la nostra rabbia e il nostro dolore – prosegue Coppolella – che ci ha fatto sperare finalmente che le cose potessero cambiare. Purtroppo così non è stato. Del Nobel per la pace e di francobolli seppur possano in qualche modo renderci orgogliosi, non sappiamo che farcene se poi tutto resta uguale a prima.

A distanza di 14 mesi, ci troviamo di fronte ad una sanità flagellata, smembrata, confusa esattamente come dopo una guerra dettata dalla continua esigenza di rispondere all’emergenza. Chiusure, aperture, conversioni, tamponi, vaccini, liste di attesa, personale ridotto, precariato. Le acque di questo tsunami si stanno lentamente ritirando per la terza volta e ogni volta si portano dietro morti, sofferenze, distruzione di un sistema sanitario già di per se fragile, che va ricostruito.”

“Abbiamo paura che nulla cambierà – dichiara Francesco Coppolella, Segretario Regionale del NurSind Piemonte, – il sindacato delle professioni infermieristiche, anzi , abbiamo il timore che sarà addirittura peggio perché una situazione che migliora sarà vista come una soluzione e non come occasione per cambiare. Tutti abbiamo sperato e credevamo che un fatto cosi drammatico, così grave, così atroce, potesse finalmente aprire gli occhi a chi ha il dovere di occuparsene, la nostra classe politica, sempre impegnata nella ricerca del consenso. Possiamo invece vedere che gli investimenti sono gravemente insufficienti e non ci sono politiche di riorganizzazione e neanche quelle sul personale. Noi non dimentichiamo e non possiamo dimenticare perché i morti li abbiamo guardati in faccia uno ad uno e non al telegiornale. I drammi e le tragedia le abbiamo vissute tutti i giorni in prima persona, non stando seduti su una poltrona o dietro ad una scrivania.”

Il NurSind, il sindacato infermieristico che ha organizzato la manifestazione, ha chiesto che si parli di fabbisogni di personale, di modelli di assistenza, di territorio e percorsi di cura, di valorizzazione delle competenze.

“Mancano 160 mila infermieri in Italia, qual’è la proposta politica per rispondere a questo gap. Non c’è. Abbiamo la metà di infermieri rispetto ad altri paesi europei e abbiamo lottato con la metà delle risorse rispetto a loro. Qual’è la risposta politica? Non esiste.
Abbiamo stipendi di molto inferiori e indennità ferme al 1995, al secolo scorso. Tutti lo hanno raccontato. Qual’è la risposta politica? Un indennità specifica di poche decine di euro al mese messa nella legge di bilancio che ancora non abbiamo visto e che si vedrà alla firma di un nuovo contratto, già in scadenza e che ancora non si sa quando sarà discusso.
Chi può dimenticare lo ha già fatto, noi non possiamo ed è per questo che faremo sentire sempre la nostra voce e non molleremo di un centimetro nel rivendicare condizioni di lavoro sicure e dignitose, continuando a chiedere la giusta valorizzazione per le nostre competenze.”


TORINO – Gli infermieri sono scesi nuovamente in piazza: “Mai più morti per mancata assistenza”

IL DISCORSO LETTO QUESTA MATTINA

“Era il 20 maggio dello scorso anno quando per la prima volta, dopo l’inizio della pandemia, gli infermieri scendevano in piazza, lo stesso giorno, la stessa piazza di oggi. Ricordavamo

i nostri morti, raccontavamo ciò che ci aveva appena travolto, denunciavamo in quali condizioni le istituzioni ci avevano lasciati, da soli, ad affrontare una guerra a mani nude. Tutte le piazze italiane ci seguirono. Abbiamo manifestavamo ovunque la nostra angoscia, la nostra rabbia e il nostro dolore che ci ha fatto sperare e sognare finalmente che le cose potessero cambiare. Purtroppo così non è stato.

Quando sono terminati gli applausi dai balconi è terminata anche l’attenzione delle istituzioni a quella che era una richiesta legittima di valorizzazione e riconoscimento che non è mai arrivata perché in questo paese le cose si fanno o è meglio dire solo, si dicono, quando si ricerca il consenso e non se le si ritengono giuste.

Oggi, siamo di nuovo qui, no di certo contro qualcuno, anche se di motivi ce ne sarebbero parecchi per addossare colpe e responsabilità a molti ma per ricordare che la speranza che nutrivamo in quelle promesse, uscite dalla bocca di tanti non si sono realizzate. E’ bene che tutti sappiano, abbiamo il diritto e il dovere di rivendicarlo. Nel nostro paese si fa sempre in fretta a dimenticare, ci si dimentica di quello che è successo e soprattutto ci si dimentica dei motivi che hanno portato a quello che è stato un dramma per operatori sanitari e cittadini. Ci si dimentica ancora più in fretta di coloro i quali ne sono stati protagonisti.

Del Nobel per la pace, seppur possa in qualche modo renderci orgogliosi, non sappiamo che farcene se poi tutto resta uguale a prima. Certo significa che abbiamo fatto qualcosa di eccezionalmente importante ma significa anche che si è ottenuto un cambiamento che invece non ci è stato.

Questa mattina gli infermieri sono qui per chiedere riforme per il nostro sistema sanitario affinché non ci siano più morti e sofferenza per mancata assistenza, bisogna avere il coraggio di dirlo, perché così è stato.

Non è stato solo il virus ad uccidere tante persone. I motivi di tanti morti purtroppo sono legati anche a questo. Siamo qui per chiedere che venga assicurata una assistenza dignitosa e sicura.

A distanza di 14 mesi, ci troviamo di fronte ad una sanità flagellata, smembrata, confusa esattamente come dopo una guerra dettata dalla continua esigenza di rispondere all’emergenza, chiusure, aperture, conversioni, tamponi, vaccini, liste di attesa, personale ridotto, precariato, esternalizzazioni e tanto altro. Questo è lo scenario. Le acque di questo tsunami si stanno lentamente ritirando per la terza volta e ogni volta si portano dietro morti, sofferenze, distruzione di un sistema sanitario già di per se fragile, che va ricostruito.

Sono successe tante cose in questo lungo anno che i media hanno raccontato ma anche cose che non si possono raccontare che ci teniamo dentro. Ognuno di noi ha una o più storie da raccontare. Piu di un anno di sofferenze. Strascichi che ci porteremo per tutta la nostra vita.

Abbiamo visto quello che mai avremmo voluto vedere ma che abbiamo sempre detto sarebbe potuto succedere e che in qualche modo , succedeva già prima e che purtroppo potrà ancora accadere. Allora noi diciamo, sbagliare si può, perseverare non è consentito.

Questo virus ha fatto tantissimi morti nel nostro paese ma quanti di questi si sarebbero potuti evitare con un sistema sanitario efficiente, diverso, vicino ai bisogni di salute della popolazione , specie i più deboli dei quali sembra non interessare a nessuno.

Quanti di questi si sarebbero potuti evitare se anche in corsa, durante questo lungo anno, fossero state intraprese decisioni e fatti interventi che anche in parte sarebbero potuti essere stati utili per limitare i danni. Tanti, si sarebbero potuti evitare tanti morti e tante sofferenze.

Tutti noi, operatori e cittadini, abbiamo sperato e credevamo che un fatto cosi drammatico, così grave, così atroce, potesse finalmente aprire gli occhi a chi ci governa, dallo stato alle regioni e ai manager da loro stessi nominati. Una sanità impoverita da decenni di tagli e di trasformazioni che

ha contribuito ad aggravare la tragedia di un popolo, mettendo come non mai in grave difficoltà chi questo popolo ha il dovere di curare ed assistere, come noi infermieri, risorsa principale utilizzata per combattere questa guerra, insieme ai medici, agli oss e tutti gli altri operatori della sanità. Toglietevi il cappello di fronte a loro.

Abbiamo sentito dire, Non risparmieremo più un euro, così non è stato e cosi ancora non è. Possiamo vedere che gli investimenti sono gravemente insufficienti, nessuna progettualità, nessuna riforma sulle politiche della riorganizzazione e sulle politica del personale.

Nessuno più ne parla, tutti corrono dietro alla continua politica di ricerca del consenso senza che però siano date e trovate risposte che invece vanno date per rispetto dei tanti morti e di chi ha cercato tutti i giorni di salvare quante più vite possibili. Morti che gridano vendetta, sacrificio che non dovrà restare inutile.

Ci aspettavamo che qualcosa potesse essere fatto già tra le tre ondate che ci hanno travolto ma questo non è avvenuto nonostante il tempo che il virus ci ha lasciato a disposizione e ancora oggi non vediamo ancora nulla, nonostante tutto e nonostante la speranza di poterne finalmente uscire con l’aiuto dei vaccini. Nessun tipo di intervento, di bozza di riforma o di qualsiasi altro atto in grado di farci sognare e sperare in una sanità in grado di dare risposte diverse, in grado di assicurare cure e assistenza sicure e dignitose. Risorse messe a disposizione ridicole per tutto quello che sarebbe necessario fare e avere. Politiche sul personale assenti Noi non dimentichiamo e non dimenticheremo perché i morti li abbiamo guardati in faccia uno ad uno e non al telegiornale o su fogli di carta che tutti i giorni snocciolavano e ancora oggi snocciolano dati che pare non facciano più effetto a nessuno.

I drammi e le tragedia le abbiamo vissute tutti i giorni in prima persona, non stando seduti su una poltrona o dietro ad una scrivania.

Nel nostro paese siamo abituati a vedere affrontare i problemi e spesso anche male, dobbiamo dirlo, solo quando si presentano ed è per questo che noi oggi siamo qui per dire che abbiamo paura.

Abbiamo paura che nulla cambierà, anzi , abbiamo il timore che sarà addirittura peggio perché tutto sembra essere diventato normale e una situazione che migliora sarà vista come una soluzione e non come occasione per cambiare. Ci sono segnali scoraggianti che ce lo fanno credere.

Noi abbiamo però ancora la forza per chiedere di cambiare nonostante siamo devastati, nella mente e nel fisico come anche molti cittadini. Se non lo faranno sarà considerato un atto di grave irresponsabilità e ne chiederemo conto a tutti, tutti i giorni.

E’ inaccettabile che possa capitare di soffrire e anche di morire perché non è possibile assicurare cure e assistenza domiciliare, perché non ci sono posti letto, perché non c’è personale, perché non ci sono competenze.

Noi, non vogliamo più che i centralini delle centrali operative del sistema di emergenza siano l’unica risposta per i cittadini che non trovano assistenza sul territorio, non vogliamo più vedere file di ambulanze all’ingresso dei pronto soccorso, non vogliamo più vedere barelle sui pianerottoli delle scale di un ospedale, non vogliamo più vedere reparti con 40 50 posti letto e solo due infermieri in turno.

Noi non vogliamo più vedere che la gente possa morire perché non è assistita come dovrebbe.

Chiediamo migliori condizioni di lavoro che ci permettano di poter evitare tutto questo. Chiediamo investimenti e una riforma seria della nostra sanità, se non ora quando.

Più letti, più territorio, più personale, più competenze, un nuovo piano. Un idea nuova , diversa, condivisa.

Una riforma del sistema dell’emergenza urgenza, dell’assistenza domiciliare, dell’organizzazione ospedaliera, degli standard assistenziali e del numero di personale e abbia anche il coraggio di rivedere il ruolo della medicina di cure primarie che così com’è si è dimostrato inefficace.

Quali sono le proposte operative ? Qual’è il piano? Noi non lo vediamo.

Uscite dalle logiche di gestione della nostra sanità, logiche che spesso sono le stesse anche se cambiano i colori politici con risultati che evidentemente non possono cambiare. Serve un piano complessivo di riforme e non nuove strutture per metterci nuovi dirigenti.

Un piano che parli di fabbisogni di personale, di modelli di assistenza, di territorio e percorsi di cura, di valorizzazione delle competenze che dia dignità al nostro lavoro, che parli di precariato e delle esternalizzazioni e tanto altro.

Le aziende sanitarie viaggiano per conto proprio, non c’è una guida, lo abbiamo imparato ancora di più in questo periodo come sia fragile e inefficace questo sistema.

A tale proposito , prendiamo atto che sta andando in scena l’ennesimo valzer di nomine dei direttori generali con la stessa logica di sempre, non importa cosa pensano e cosa vogliono fare, questo è un dettaglio di poco conto, come sempre.

Mancano 160 mila infermieri in Italia, qual’è la proposta politica per rispondere a questo gap. Non c’è. Abbiamo la metà di infermieri rispetto ad altri paesi europei e abbiamo lottato con la metà delle risorse rispetto a loro. Qual’è la risposta politica? Non esiste. Abbiamo stipendi di molto inferiori e indennità ferme al 1995, al secolo scorso. Tutti lo hanno raccontato. Qual’è la risposta politica? Un indennità specifica di poche decine di euro al mese messa nella legge di bilancio che ancora non abbiamo visto e che si vedrà alla firma di un nuovo contratto che ancora non si sa quando sarà discusso. Cosa dobbiamo aspettare ancora. Ci avete traditi.

In Piemonte ci sono addirittura ancora aziende che non riconoscono le indennità di malattie infettive, il contratto non lo prevede dicono. Ma quale contratto? ma di cosa parlate?

E’ saltato lo stato diritto e se avessimo dovuto guardare alle regole del contratto col cavolo che avremmo potuto affrontare questa crisi. Il contratto lo guadate solo quanto vi fa comodo. Dovreste vergognarvi. Una regione che sta in silenzio e invece di tutelare i suoi dipendenti non interviene. Dove sono i concorsi che entro maggio dovevano essere fatti. Quali sono i piani di fabbisogno di personale, il piano ferie.

Adesso l’attenzione si è spostata su altro ma noi siamo qui e saremo in ogni luogo a ricordarvelo tutti i giorni.

Continuate a fare accordi e a dispensare risorse anche sulle vaccinazioni ma alla fine la maggior parte delle vaccinazioni le hanno fatte gli infermieri e grazie al nostro lavoro che oggi possiamo vantare milioni di somministrazioni e questo è il vostro ringraziamento.

E’ passato giusto un anno dalla nostra prima protesta, un lungo anno, in mezzo tanta sofferenza, noi, la più grande organizzazione sindacale infermieristica in Italia, saremo qui sempre a ricordarvelo e non ci stancheremo mai, come tutti dovremmo fare se vogliamo che le cose cambino, ossia quello di denunciare condizioni che non permettano di assicurare risposte ai bisogni di salute dei cittadini ai quali bisogna dare valore, dignità e sicurezza. Nei prossimi giorni inizieremo le battaglie di sempre e non ci fermeremo.

© Riproduzione riservata

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