LA SOCIETÀ CHE DESIDERO…

“Cosa auguri alla società?”

Ecco cosa mi è stato chiesto al termine di un mio intervento in  Università, in occasione di un Convegno, dove ho risposto rivolgendomi ai tanti studenti in ascolto così: “Vi auguro di non programmare più le idee, ma di viverle. Vi auguro di essere voi stessi quando e come vi pare. Vi auguro di non vergognarvi e di mettere in luce i vostri pensieri. Vi auguro di non tradire mai voi stessi e di non mettere in sordina l’attimo che state vivendo. Vi auguro di non mancarvi, di non contemplarvi, di spaccare i vostri muri a testate e di andare avanti a braccia protese verso la vita. Vi auguro di essere il vostro oggi, di fare spazio tra le cose che appartengono al vostro mondo, per mettervi al centro. Che la vostra vita sia fatta più di presenti accesi, che di ricordi sfocati!”

Era un sentito augurio rivolto a dei ragazzi che si affacciavano alla vita. Lo stesso vale per i meno giovani che troppo spesso, finiscono con il compiere ad una certa età sempre e solo un passo avanti e due indietro.
Il mondo dei meno giovani è costellato di persone irrigidite che vivono soprattutto di diffidenza, reduci da fin troppi errori del passato, finiscono così con il non credere a nulla, con l’allontanare persino i loro desideri e i loro diritti. Cessano di vivere quando sono ancora in vita.

Lo noto sempre quando parlo o scrivo ad un amico grande di età, gli racconto qualche fatto e mi illudo talvolta di trovare saggezza mentre trovo quasi sempre solo stanchezza e demotivazione.
Esiste più di un amico che, ogni volta che legge i miei articoli, poi commenta: “Ah ma la gente è terra terra, di cosa ti meravigli? La società è disgraziata tutta. Mi meraviglio di un’intellettuale ed intelligente scrittrice come te che ancora si sconcerta delle stranezze umane. Avvocati, medici, ingegneri o commercialisti, son tutti pazzi e deviati, tu te ne meravigli? Io no, io conosco il mondo ed è tutto marcio a livello mentale!”

Questi commenti di “navigati signori”,  spesso miei amici virtuali, rappresentano lo sconforto tipico degli uomini disillusi verso la vita, sono quelli che non provando meraviglia più verso nulla, in realtà nemmeno più gioiscono e magari ti ritrovi foto postate sul loro diario di quando erano giovani (foto che in non pochi casi) quando da giovani erano anche peggio di ora che sono vecchi.
A cosa serve comunque il guardarsi sempre indietro? Il passato non torna e il cervello umano ha bisogno di nuovi stimoli e non solo dei ricordi che servono soprattutto ad atrofizzarlo.

Mentre è assolutamente da persone vive il meravigliarsi  ogni volta e lo è ancor di più per una scrittrice sempre attenta a cogliere lati belli e meno belli degli esseri umani. Come un bambino che si meraviglia, lo stupore è tipico di chi sa gioire, soffrire, vivere.

Piuttosto chi non sa più gioire o meravigliarsi, non sa o non vuol capire di essere divenuto apatico, stanco della vita. Ecco quando ci si ripiega sui ricordi, su quando si era giovani, o su quando si era liberi, il passato sembra un periodo dorato in cui tutto era felice, in realtà, quelli sono ricordi sfocati ed abbelliti dalla nostra mente.

Poi, ogni volta, a dispetto di chi vorrebbe che io tacessi, succede puntualmente che i miei articoli hanno un gran numero di lettori finendo alcuni in Rassegna Stampa e questo conta per chi fa giornalismo, evidentemente piace a molti sapere ciò che stupisce me per prima, perché in fondo io rappresento lo stupore degli esseri umani normali.
Il lato oscuro delle persone è quello che interessa molto.
Se io accettassi passivamente in silenzio ogni squilibrato che mi capita di incrociare nel virtuale o nella vita di tutti i giorni, non scriverei nulla, nessuno saprebbe, io sarei la complice silenziosa di ogni mitomane, maniaco o malato.
Ma nessun giornale vuole che io non scriva.
Il tenersi ogni follia riscontrata per sé non è informazione, il tacere non si addice a chi vive di questo mestiere e, perché mai dovrei reggere il gioco a delle persone squilibrate tacendo i loro squilibri? Non fa bene a loro, non fa bene a me.

Sono invece fermamente convinta che finché ci si meraviglia vuol dire che si è vivi e lo si può dimostrare scrivendo o parlandone con quante più persone possibili.
Se una cosa, un atteggiamento è strano perché non dirlo?
È come dire ad un poliziotto di non arrestare un ladro, tanto la società è corrotta, meglio lasciarlo andare, dunque.
Lo stesso, uno psichiatra o psicologo dovrebbero chiudere i battenti e dire: “Tanto tutto è malato, inutile è ogni cura o tentativo!”

Va detto anche che, essendo io una persona che penetra nell’animo umano, ho capito che esiste anche una forma nascosta di invidia e cattiveria da parte di chi ti dice di tacere facendoti credere che tutto è già noto e che, il tuo diffondere la conoscenza di certi fatti è assolutamente inutile. La cattiveria e la frustrazione portano determinate persone a tentare di farti sentire una che scrive cose inutili perché fin troppo ovvie e magari non ammettendo di essere solo invidiosi sia della tua persona che della tua attività di divulgatrice.
Invece, di ovvio e scontato, vi è solo la rabbia di chi ti chiede di tacere, evidentemente ha lui per primo più di un motivo personale per cui ti chiede il silenzio su atteggiamenti di cui evidentemente si vergogna.

Concludo questo mio pezzo con una citazione per quei signori che io chiamo “Sapientoni” ma che poi scopro essere coloro che non hanno capito un bel nulla della vita perché ritengono che la sofferenza abbia loro insegnato a vivere.

“Se davvero la sofferenza impartisse lezioni, il mondo sarebbe popolato da soli saggi. E invece il dolore non ha nulla da insegnare a chi non trova il coraggio e la forza di starlo ad ascoltare.” Sigmund Freud

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