PIEMONTE – “E’ successo in alcuni casi che operatori sanitari che presentavano sintomi riconducibili al Covid siano stati posti in isolamento domiciliare e non abbiano potuto effettuare subito il tampone a causa della situazione di difficoltà nello svolgimento di tali accertamenti. In questi casi, molto spesso, il datore di lavoro, anziché effettuare la segnalazione del possibile infortunio all’INAIL, si è limitato a porre il lavoratore in malattia.” A dichiararlo è Nursind Piemonte.
“Alcuni casi del genere sono stati trattati con il Patronato EPACA, convenzionato con il NURSIND, ed è stata richiesta all’INAIL la tutela retroattiva sin dal primo periodo di assenza dal lavoro in quanto i sintomi erano assolutamente riconducibili all’infezione da coronavirus; l’INAIL ha accolto questa tipologia di segnalazioni consentendo al lavoratore di recuperare anche la parte economica che, in caso di malattia, non viene riconosciuta.
Inoltre, nel malaugurato caso in cui dovessero insorgere complicanze anche future collegabili all’infezione, avendo ottenuto il riconoscimento dell’infortunio sul lavoro, potrà legittimamente richiedere altresì l’erogazione dell’indennizzo derivante dal danno biologico conseguente.”
“Com’è noto – prosegue il Sindacato delle Professioni Infermieristiche – il comma 2 dell’art. 42 del D.L. n. 18/2020 ha previsto che “nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’Inail che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni Inail nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro… La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati”.
Con la circolare n. 13 del 3 aprile 2020 la Direzione Generale INAIL ha preso atto della norma ed ha disposto nello specifico che “Nell’attuale situazione pandemica, l’ambito della tutela riguarda innanzitutto gli operatori sanitari esposti a un elevato rischio di contagio, aggravato fino a diventare specifico. Per tali operatori vige, quindi, la presunzione semplice di origine professionale, considerata appunto la elevatissima probabilità che gli operatori sanitari vengano a contatto con il nuovo coronavirus”.
È assolutamente chiaro quindi che, in presenza di soggetti che svolgono la professione sanitaria e contraggono il virus, sussiste il diritto al riconoscimento dell’infortunio sul lavoro e, qualora permangano situazioni di danno permanente, il diritto al riconoscimento del danno biologico conseguente.”
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