CANAVESE – Riceviamo da una studentessa che ha partecipato al Treno della Memoria, e pubblichiamo integralmente:
Mercoledì 12 febbraio un gruppo di 30 ragazzi composto da studenti provenienti dall’Istituto Olivetti di Ivrea, dai licei di Rivarolo Canavese, Aldo Moro e Santissima Annunziata e dall’Università di Torino, è partito per intraprendere il Viaggio della Memoria verso Germania e Polonia.
A questo gruppo, cui ho avuto l’onore di appartenere, sono state assegnate due valide educatrici, Venusia Convertito ed Elisa Tunnera. Il nostro percorso, preceduto da una serie di incontri formativi, ha toccato varie tappe, prima tra tutte Berlino, con la visita al monumento in ricordo dell’Olocausto. L’indomani ci siamo recati a Ravensbrück, un campo di lavoro e in seguito di sterminio femminile, ancora poco noto. È posto adiacente ad un panorama quasi idilliaco, costituito da un grande lago dai toni lividi, in cui ancora oggi dei ragazzi praticano nuoto e canottaggio, incuranti del triste passato.
A pochi passi si scorge un cancello diroccato, i battiti accelerano e i respiri si affannano. Ciò che si presenta è un’enorme distesa di sassi neri, che si sbriciolano sotto i nostri passi e in lontananza i solchi delle baracche distrutte. Un senso di vuoto, indescrivibile a parole, mi pervade e in quella solitudine mi chiudo ed ascolto. Quel campo muto mi racconta la sua storia infinita, che continua ancora oggi, sebbene ci sembri già molto distante. Mi pare di vedere il campo in funzione. Solo la stretta di una mia amica mi riporta alla realtà. Dopo la visita ci raccogliamo in un momento di Restituzione, iniziato con un dibattito tecnico, quasi distaccato, che si conclude con una sentita condivisione delle nostre emozioni. Abbiamo toccato con mano il dolore che ciascuno ha voluto raccontare, vivendolo e piangendo insieme, senza temere un giudizio.
Mettendoci a nudo iniziamo a costruire un legame, che si rafforza durante la visita ad Auschwitz e Birkenau. Nel primo, adibito a museo, si respira un’aria tagliente, che si intensifica entrando nelle stanze che gelosamente custodiscono gli effetti personali dei detenuti, dai capelli alle scarpe. Nella baracca accanto sono esposte le foto dei volti dei prigionieri. Qualcuno ancora sorride, altri hanno già compreso il loro destino. L’atmosfera non si quieta nello sconfinato campo di Birkenau. Ad attenderci lì, come ultimi custodi, i corvi, che gracchiando sulle nostre teste ci accompagnano per tutto il tragitto.
Quel campo che nessuno era riuscito a cancellare del tutto è uno tra i testimoni del più grande sterminio di Ebrei e degli altri indesiderati. Dopo aver visto quei grandi mostri silenti ho compreso il vero senso del Treno della Memoria, che tenta di porre le basi per far sì che quegli orrori disumani no accadano più. L’antidoto che propone è la creazione di legami profondi e stabili tra le persone che, nelle giuste condizioni, possono nascere in poco tempo. Tutti dovrebbero avere la possibilità di fare questo viaggio e poter capire che, anche se i legami non potranno vincere la guerra, saranno in grado di prevenirla.
Giulia Buriano Aimonetto
© Riproduzione riservata - vietato l'utilizzo di testi, video e foto se non espressamente autorizzato dall'Editore
Per restare sempre informato, iscriviti ai nostri canali gratuiti:
la newsletter di WhatsApp per le notizie di Cronaca (per iscriverti invia un WhatsApp con scritto NEWS ON al 342.8644960);
il nostro canale Telegram (ObiettivoNews);
il nostro canale WhatsApp https://whatsapp.com/channel/0029Va9vIQO30LKS6x1jWN14 con le notizie selezionate dalla nostra redazione.