TORINO – Potrebbero andare presto in carcere in Germania Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, i due manager della ThyssenKrupp condannati per il rogo alle acciaierie di corso Regina Margherita 400 a Torino del 6 dicembre 2007, costato la vita a sette operai: Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Giuseppe Demasi.
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Il Tribunale di Essen ha infatti finalmente dato il via libera all’esecuzione in Germania della pronuncia emessa dalla Cassazione italiana il 13 maggio 2016, che ha confermato le pene inflitte dalla sentenza del 29 maggio 2015 della Seconda Corte di Assise di Appello di Torino.
I due manager tedeschi hanno però fatto ricorso: la sentenza è quindi eseguibile in Germania, ma per ora la sua applicazione è sospesa sino a un nuovo pronunciamento della giustizia tedesca.
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“Il percorso giudiziario si sta finalmente chiudendo – ha detto a Sicurezza e Lavoro l’ex operaio scampato al rogo, Antonio Boccuzzi – Manca l’ultimo tassello per avere una piena giustizia. Aspettiamo da tanti anni giustizia per i miei sette compagni di lavoro e per i loro familiari: ci auguriamo che la Germania rispetti il nostro dolore e la decisione della Suprema Corte. A undici anni dal rogo è ora di fare giustizia”.
“La vicenda giudiziaria sembra non avere fine – ci ha detto Laura Rodinò, sorella di Rosario, ex operaio dell’acciaieria morto nell’incendio – Siamo disgustati e ci aspettiamo una rapida esecuzione della condanna da parte della giustizia tedesca. Mentre due dirigenti italiani (Pucci e Cafueri) sono addirittura già usciti dal carcere, in Germania i principali responsabili della strage di Torino non hanno ancora fatto neanche un giorno di galera: è una vergogna per i lavoratori di tutta Europa e uno schiaffo ai familiari di tutte le vittime sul lavoro”.
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“La giustizia italiana sta per diventare giustizia europea – ha detto Massimiliano Quirico, direttore di Sicurezza e Lavoro – Se persone, lavoro e merci possono circolare liberamente in Europa, lo stesso deve avvenire per i diritti alla salute e alla sicurezza dei lavoratori e dei lavoratrici, che devono essere garantiti e resi effettivi allo stesso modo in tutto il continente. Attendiamo con fiducia la concreta esecuzione della sentenza ThyssenKrupp anche in Germania per poter riaffermare con orgoglio la nostra europeità”.
Intanto Rosina Platì, mamma di Giuseppe Demasi, dopo aver appreso che anche Cosimo Cafueri, ex responsabile della sicurezza alla ThyssenKrupp, ha lasciato il carcerem ha scritto una lettera al ministro Bonadede. La pubblichiamo qui integralmente:
“Gentile Ministro Bonafede
Mi permetto di disturbarla ancora una volta, probabilmente l’ultima.
Vorrei scriverle che sono Rosina Platì ma le scriverò, per ricordarglielo, che sono la mamma di Giuseppe De Masi.
Non ho più un’identità da quando mi hanno portato via il mio bambino, il mio ragazzo, il mio amore. Mio figlio non è vittima della Thyssen ma di chi ha deciso di creare le condizioni perché quella tragedia avvenisse. Uomini colpevoli, condannati.
Pene importanti nel primo grado, ridotte in via definitiva ma anche quando queste iniziano ad essere scontate questi delinquenti escono dopo appena due anni.
La vita di mio figlio meritava maggior rispetto. Rispetto che lo Stato ci sta negando.
Per una pena di sette anni questi “signori” hanno trascorso in carcere 27 e 29 mesi ( degli altri due condannati non abbiamo notizie ma non mi stupirei se fossero già fuori anche loro ).
Tutto in segreto, senza che noi sapessimo nulla.
Probabilmente se non si fosse riacceso l’interesse mediatico lo avremmo saputo tra molti e molti mesi ancora.
Di nascosto si fanno le cose losche, le cose di cui ti vergogni.
E credo ci sia molto da vergognarsi in questa scarcerazione.
Mi dispiace dirle queste cose, ma mentre lei ci riceveva, partecipava al nostro dolore, ci invitava a Roma e ci rassicurava, a Torino e Terni nell’oscuro, come topi facevano uscire i condannati.
Sono amareggiata, addolorata, sempre più disperata, arrabbiata e delusa.
Mi sono chiesta spesso cosa sarebbe accaduto quando queste persone avrebbero terminato di scontare la loro pena, ma mai avrei immaginato che questo momento arrivasse così presto.
Mentre parlavamo con lei a dicembre, dopo il suo discorso davanti alle tombe dei nostri cari, per il signor Cafueri si aprivano le porte del carcere.
Dovrei ancora credere nella giustizia ?
Dovrei credere nel ministero che lei rappresenta ?
Mi spiace non ci credo più.
Perdo fiducia e speranza.
Mentre inseguivamo e criticavamo la Germania, il nostro Paese ci voltava le spalle, ci tradiva.
Vorrei dirle ancora tante cose ma questa ennesima vergogna mi toglie le parole, porta una volta di più mio figlio lontano da me.
La saluto signor Ministro.
La rispetto come uomo per essere venuto a porgere omaggio ai nostri figli, ma purtroppo non posso rispettare il Ministero che rappresenta perché io, oggi, non mi sento assolutamente rappresentata.”
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