CUNEO – Il Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale e Forestale (N.I.P.A.F.) del Comando Gruppo Carabinieri Forestale di Cuneo, sotto la direzione del Procuratore Capo di Cuneo dott.ssa Francesca NANNI, rende nota una recente attività di contrasto ad una associazione per delinquere articolata in più regioni italiane e dedita al lucroso business della vendita di cani illegalmente introdotti dall’est europeo.
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Il fenomeno del traffico internazionale di cuccioli risulta alquanto fiorente in via generale a causa dei lauti guadagni ottenibili ed ai rischi relativamente contenuti per gli autori cui sovente le forze di polizia possono unicamente contestare singoli eventi criminosi e più difficilmente il reato associativo o il reiterato traffico illecito.
Nello specifico i cuccioli venivano ordinati ad un trafficante goriziano titolare di un allevamento in Ungheria ed in contatto con “pseudo fornitori” in Grecia, Spagna, Polonia ed altri paesi europei. Le bestiole venivano nascoste nei bagagliai delle auto per affrontare lunghi ed estenuanti viaggi, privi delle documentazioni di accompagnamento e dei trattamenti sanitari e vaccinali prescritti dalle norme comunitarie e nazionali. È altresì da verificare la tratta via mare per il trasferimento di alcune partite di cuccioli.
Gli animali sarebbero stati sistematicamente sottratti alle cure parentali in tenerissima età, ovvero al di sotto delle 12 settimane previste dai regolamenti e così accadeva spesso che gli animali, già debilitati dai trasferimenti, si ammalassero. Le indagini infatti hanno preso il via a partire dalle denunce di alcuni acquirenti finali che dopo l’acquisto lamentavano cattive condizioni di salute dei cani.
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Questi ultimi, delle più svariate razze, una volta giunti sul suolo nazionale, sarebbero stati immunizzati con vaccinazioni “fai da te” grazie alla compiacenza di medici veterinari. L’”italianizzazione” dei cani veniva completata fornendo falsi libretti sanitari ed inoculando i microchip identificativi come se fossero nati direttamente in Italia.
Gli ignari acquirenti erano attirati sul web dai prezzi concorrenziali per animali di razza e con l’assicurazione che i cuccioli fossero nati presso allevamenti italiani e da genitori certi. Tutto ciò evidentemente non corrispondeva al vero. Venivano dunque forniti ai compratori falsi nomi di riferimento, false fotografie dei cani, false partite iva, talora false indicazioni sulla razza e utenze telefoniche intestate a terzi, senza il consenso dei medesimi ed al fine di essere più difficilmente individuabili.
Piccola truffa nella truffa: i venditori facevano sempre credere agli acquirenti di essere lontani da loro anche quando non lo erano in modo da poter ricusare ogni richiesta di visita preliminare alla vendita e per poter chiedere loro le spese di trasporto fino al domicilio o al luogo concordato. La frode in commercio infatti figura tra le ipotesi di reato individuate dagli inquirenti.
Le altre imputazioni di reato ipotizzate dalla Procura sono:
- associazione per delinquere dedita al traffico internazionale clandestino di cuccioli;
- il più recente reato di auto riciclaggio, per la prima volta ipotizzato per questo genere di attività delittuose, considerato l’impiego in attività economiche di beni provenienti da altro delitto opportunamente occultato;
- abusivo esercizio della professione medico-veterinaria;
- sostituzione di persona, posta in essere da alcuni indagati per sfuggire ai controlli;
- svariati falsi per “aggiustare” le documentazioni di accompagnamento.
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Una ventina gli indagati, molti con precedenti penali specifici, tra cui:
- D.M. di anni 50, trafficante goriziano di residenza ungherese con allevamento in Ungheria e contatti commerciali assai ramificati in più paesi europei (Spagna, Grecia, Polonia…) per il quale è stata avviata collaborazione con Interpol.
- un cuneese di anni 38, in svariate occasioni in Ungheria per reperire cuccioli di cane da rivendere poi, attraverso la propria rete commerciale, a negozi di cani o direttamente agli ignari acquirenti finali. In un paio di casi direttamente coinvolto nella cessione di cani privi di microchip in territorio svizzero. Accusato anche di usurpazione di professione medico veterinaria in quanto avrebbe somministrato direttamente i vaccini nonché inoculato i microchip di identificazione.
- una veterinaria cuneese compiacente con C.B., sottoscrivendo false dichiarazioni di nascita cani, fornendo al medesimo microchip e vaccini da somministrare in autonomia.
- R.S., veterinario di Lecce, con condotte analoghe alla precedente.
- E.M. bolognese di anni 62, con numerosi precedenti penali specifici, vero trafficante illegale di animali di affezione tanto da meritare il soprannome di “Lupo bandito” o anche solo “Lupo”.
- R.M., goriziano, cugino di D.M. e principale vettore dei cani tra Ungheria ed Italia.
Indagini ancora in atto per delineare l’organigramma dell’organizzazione ed il ruolo di alcuni soggetti.
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Dall’acquisto clandestino di animali dall’estero a basso costo consegue lo sfalsamento del mercato ed una concorrenza sleale agli operatori commerciali in regola tanto che le prime stime riporterebbero un guadagno illecito per l’organizzazione intorno ai 20.000€ al mese, ovviamente del tutto ignoti al fisco.
Gli accertamenti sono cominciati all’incirca un anno fa ma è con le intercettazioni telefoniche ed ambientali disposte a partire dal mese di novembre 2016 che si è dato il maggiore impulso all’attività investigativa.
I necessari riscontri sono stati poi reperiti nel corso delle recenti perquisizioni e sequestri eseguiti, su delega del Procuratore Capo Francesca NANNI, in 12 province italiane (Bologna, Como, Cuneo, Gorizia, Lecce, Padova, Perugia, Pisa, Pistoia, Ravenna, Torino e Venezia) presso 21 obiettivi fra private abitazioni, allevamenti, negozi animali e cliniche veterinarie.
Per l’attuazione sono stati coinvolti, oltre al personale del Nucleo investigativo di Polizia Ambientale (N.I.P.A.F.) di Cuneo, i Carabinieri Forestali delle province interessate, del Nucleo investigativo centrale per i reati in danno agli animali (N.I.R.D.A.) e, per la provincia di Gorizia, anche da personale della sezione di Polizia Giudiziaria dell’Arma dei Carabinieri.
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