CASTELLAMONTE – “Avevamo vent’anni – giovani Castellamontesi nella resistenza” è il titolo della cerimonia che si è svolta questa mattina alla presenza delle autorità, tra cui il vice Sindaco di Frassinetto e il Sindaco di Ciconio, dei ragazzi del Liceo Faccio e di Jimmy Ghione inviato di Striscia la Notizia, originario di Castellamonte.
Durante la mattinata è stato omaggiato il monumento dedicato ad Adriano Ghione posto in frazione Preparetto, e inaugurate le targhe dedicate a Pasquale Educ e ad Adriano Ghione.
Prima tappa della mattinata, l’omaggio al monumento dedicato ad Adriano Ghione in frazione Preparetto. Successivamente il ritrovo presso il Liceo Felice Faccio, dove si sono tenuti i discorsi delle autorità.
Il corteo è poi partito alla volta di via Educ, dove è stata scoperta la targa in memoria di Pasquale Educ e, successivamente, il corteo si è spostato in via Adriano Ghione per la targa a lui dedicata. In entrambe le tappe i ragazzi del Liceo hanno brevemente spiegato le motivazioni che hanno spinto l’amministrazione a dedicare loro le targhe realizzate dagli studenti del Faccio.
PASQUALE EDUC
Nato a Villa Castelnuovo (Torino) il 17 aprile 1927, fucilato in Val Soana il 23 ottobre 1944, Medaglia d’Oro al Valore militare alla memoria.
Giovanissimo, con il nome di battaglia di “Bandiera”, ha preso parte alla Guerra di liberazione combattendo nella 3a Brigata “Matteotti”. Il 30 luglio del 1944 Educ fu tra i protagonisti della battaglia di Valperga e un mese dopo, a Cuorgnè, con i partigiani del suo distaccamento, fece saltare in aria il ponte sul torrente Orco. Il 21 ottobre del 1944 il ragazzo, nel corso di combattimenti violentissimi tra i partigiani e formazioni antiguerriglia composte di soldati tedeschi e collaborazionisti russi, fu catturato. Dopo due giorni finì davanti ad un plotone d’esecuzione.
Questa la motivazione della massima onorificenza militare conferita a Pasquale Educ: “… durante un violento attacco in forze da parte di formazioni russo-tedesche che costringeva, dopo alterne ed aspre vicende, il ripiegamento dei reparti partigiani, volontariamente rimaneva da solo sulla posizione con un’arma automatica per mantenere impegnato il nemico e dar modo di porre in salvo i feriti. Soverchiato da forze superiori si difendeva a colpi di bombe a mano, finché esaurite le munizioni veniva catturato e condannato alla fucilazione. Rifiutava la possibile evasione per evitare la rappresaglia del nemico contro la popolazione che avrebbe dovuto rispondere della sua fuga dicendo a chi gliela proponeva: ‘Dite al mio comandante che sono fiero di aver compiuto tutto il mio dovere’. Affrontava serenamente la morte e cadeva sotto il piombo nemico gridando: “Viva l’Italia!”. (Fonte Anpi)
ADRIANO GHIONE
Nato a Castellamonte (Torino) l’8 febbraio 1926, caduto a Ciconio (Torino) il 25 settembre 1944, studente, Medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
Frequentava a Torino l’Istituto tecnico, ma dopo l’8 settembre 1943, lasciata la scuola, si unì alle prime formazioni partigiane dell’alto Canavese. Partecipò, così, a molti combattimenti e, per il coraggio dimostrato, fu soprannominato “Bataia”. Nominato comandante di distaccamento della 7a Brigata Garibaldi, il ragazzo era stato catturato al termine di un conflitto a fuoco con soldati tedeschi. Fu ucciso dopo aver tentato di fuggire mentre, su un camion con altri compagni, veniva trasportato al carcere. Questa la motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla sua memoria: “Studente diciassettenne, animato da vivo amore di Patria, subito dopo l’armistizio si prodigava nella lotta di liberazione riunendo, sin dai primi giorni, altri giovani volonterosi ed arruolandosi, con loro, nelle fila partigiane. Durante tredici mesi di dura lotta, forniva ripetute e belle prove di decisione e di coraggio, particolarmente distinguendosi nei combattimenti di Pont, di Cuorgnè, di Ozegna e di Noasca. Sorpreso e catturato insieme ad alcuni suoi partigiani nel corso di un’azione e deciso a sacrificarsi per liberare i dipendenti, mentre veniva trasportato in autocarro ingaggiava improvvisamente la lotta contro la scorta tedesca. Disarmato un militare, feriva a morte un ufficiale e dava, così, modo ai suoi uomini di fuggire. Passato per le armi sul posto cadeva da prode nel nome d’Italia”. (Fonte Anpi)
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