storytelling
Rubrica a cura di Fulvio Rogolino
presenta
I DUPLICATORI
Alla ricerca delle Eccellenze
short stories – EPISODIO 1
© Copyright by Fulvio Rogolino, 2015
PROLOGO
E venne il giorno della Seconda Creazione Universale.
Secondo un computo legato alle infinite e diverse dimensioni temporali.
Su volontà dei Saggi e per la potenza e gloria di Lumina.
Arrivò il comando di ricostruire alcuni Universi e di inserirvi livelli di vita ed Eccellenze e Maestrie.
Fu formata così la squadra dei Duplicatori, di ogni genere furono scelti ed essi si dispersero dovunque, alla ricerca e scoperta di Entità nuove, originali, sensibili e preparate con cui aumentare ricchezza e prestigio delle nuove Creazioni nel Multiverso.
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VEL e KA
Pietro non fece caso subito a ciò che il suo sguardo aveva annotato, ma dopo alcuni istanti l’immagine tornò prepotente alla sua memoria: l’uomo, quell’uomo che gli camminava davanti era comparso all’improvviso, anzi no, non all’improvviso poiché lui lo aveva visto affacciarsi lentamente come se uscisse da due lembi di aria sovrapposti. Una volta presa consapevolezza della scena, Pietro rimase immobile e terrorizzato, mentre l’uomo cominciò a fissarlo intensamente.
«Siamo un duplicatore di classe unica. Non aver paura. Qual è la tua matrice? La nostra è VEL e KA».
Pietro sentì la domanda nella sua mente, perché l’uomo era un telepate. Non rispose, il terrore gli chiudeva la gola. Aveva le mani che tremavano e le gambe bloccate.
Avvertì che l’uomo stava entrando nella sua mente, ne scandagliava ogni anfratto, ogni ricordo ordinato o messo insieme ad altri. Sentì una nausea violenta, un mal di testa crescente e si piegò di lato per vomitare.
«Siamo un Duplicatore di classe unica, VEL e KA», continuò a ripetere l’uomo.
Pietro pensò che cosa potesse mai essere un Duplicatore e l’uomo subito gli rispose, sempre senza proferire parola: «Per la Seconda Creazione Universale e per volere dei Saggi, sono qui per scegliere e riprodurre».
Scegliere e riprodurre chi?, si disse Pietro mentre cercava nello zainetto il suo telefonino per fare due o tre foto a quella presenza, ma l’uomo era sparito, non c’era più, era scomparso ancora più velocememnte della sua apparizione.
Fu il cellulare che teneva nella mano e che cominciò a vibrare all’improvviso che fece prendere coscienza a Pietro di essere solo e forse di aver sognato tutto quanto.
Paola lo stava chiamando: «Allora? Mi hai dato appuntamento per farmi l’intervista, ricordi?».
«Ciao, sì, ricordo perfettamente», rispose «Ti richiamo appena arrivato a casa. Venti minuti al massimo».
Era stato uno spettro quel… quel Duplicatore che gli era apparso o che cos’altro?
Pietro continuava a pensare a quello che gli era accaduto. Era stata un’allucinazione oppure quel VEL e KA esisteva davvero e adesso dov’era andato? Fece uno sforzo per concentrarsi sulle risposte raccolte dalla chiacchierata con Paola, la creatrice di bijoux di alta classe, l’artista che sapeva realizzare splendidi monili originali. Pietro lavorava nel settore della promozione per conto di una piccola confederazione dell’artigianato e l’aveva conosciuta nell’ambito del suo lavoro insieme ad altre figure di eccellenza poiché aveva ricevuto l’incarico di costruire una guida ufficiale divisa in settori tematici.
Riascoltò l’intervista e tornò a riordinare le schede di chi aveva accettato di partecipare alla iniziativa.
Squillò il cellulare. Sovrappensiero, Pietro rispose senza nemmeno guardare il display.
«Pietro, che stai facendo? Tra dieci minuti sarò dalle tue parti, scendi per un caffè?».
Delia beveva troppi caffè al giorno, pensò Pietro sorridendo e rispondendo affermativamente alla richiesta, ma era fatta così e faceva anche un lavoro che le favoriva questa sua smania di caffeina. Era una venditrice di spazi pubblicitari per alcuni media di settore, per cui ogni contatto con un possibile cliente significava di certo anche una tazzina.
La raggiunse al bar, ma prima di entrare Pietro, com’era sua abitudine, gettò una occhiata veloce all’interno del locale e quello che vide lo raggelò. Seduto a un tavolino in un angolo e poco distante da Delia già accanto al bancone c’era VEL e KA che, all’improvviso, girò lo sguardo fissando intensamente Pietro e accennando a un sorriso.
A quel punto Pietro entrò nervosissimo nella caffetteria e prima che Delia potesse dire o fare qualcosa aveva già preso una sedia libera e si era messo comodo di fronte a quel sorriso. Poi invitò anche Delia a sedersi accanto a lui.
«Non ti far prendere dallo spavento né dall’ira, Pietro. Sì, conosciamo il tuo nome e sappiamo di te tantissime altre cose. Non chiederci ora come e perché. Non è il tempo. Noi siamo VEL e KA…».
«…E siete Duplicatori. Siete? Ma, scusa, perché parli sempre come se fossi tu e qualcun altro con te?».
«Perché come VEL e KA siamo uno, ma anche due entità compresenti. Differenti e complementari in un unico stato d’essere».
Delia intervenne: «Pietro, cos’è, uno scherzo? Ma chi è, un tuo amico? VEL e KA, chi sono? Li conosci?».
«Devo uscire a fumare una sigaretta, sennò do i numeri!», disse Pietro e si alzò per uscire. Delia ne approfittò per andare in toilette.
La presenza dell’alieno ora non gli infondeva più paura, ma solo curiosità…
«Laura? Ascoltami. Stamattina mi è capitata questa avventura…», e Pietro cominciò a raccontare alla donna, per sommi capi, quel che gli era accaduto e che gli stava ancora accadendo. Aveva approfittato della pausa fumo per chiamarla, erano amici da tantissimo e lui spesso si era confidato con lei su situazioni diverse che aveva dovuto affrontare. All’inizio lo ascoltò con attenzione e poi, con la sua voce che non alterava mai i toni, Laura cominciò a interromperlo ogni tanto, domandandogli qualche delucidazione in più.
Infine chiuse l’ascolto e commentò: «Caro Pietro, che cosa vuoi che ti dica? Curassi una trasmissione alla radio diversa da quelle che faccio, parlerei di ciò che ti è successo come di una esperienza ai confini con la realtà. Ma tu sai che scrivo e parlo di argomenti molto diversi e più vicini ai bambini. La tua non mi pare proprio una favola!».
Ma sì, ma sì, si disse Pietro, nemmeno la sua amica pedagogista gli credeva. Aveva gettato la spugna e lui restava solo con VEL e KA. Con un sms chiamò fuori dal locale Delia.
«Ascolta, Delia. Io devo capire che sta succedendo. Tu tirati fuori, vattene e non lo salutare nemmeno. Pago io il tuo caffè. Però, fammi questo favore, passa da Simo, la gastronomia e chiedi a Simona di prepararmi qualcosa da portar via, passo poi io a ritirare e pagare. Ho il frigo completamente vuoto».
Delia assentì col capo, ma se ne uscì ancora con un: «Davvero vuoi restare da solo con lui, con loro? Potrei tornare e aspettarti sotto casa con le vettovaglie».
«No, stai tranquilla. Non mi accadrà nulla. Restiamo nel locale e quando sarà finito, ti chiamerò. Mi raccomando, ricordati di passare dal pastificio, altrimenti verrò a mangiare a casa tua».
Gli spiegò qual era la sua missione, la stessa di un numero infinito di Duplicatori
VEL e KA non si era mosso, era rimasto seduto e aveva chiesto un secondo bicchiere di acqua. Tornò a sorridere quando vide Pietro che entrava e si dirigeva verso di lui.
«Pietro, ascoltami. Ti spiegherò il motivo del nostro incontro. Avrai già capito che vengo da altre dimensioni e ho un compito da assolvere. Nella Seconda Creazione Universale molti altri mondi saranno creati, moltissimi in altrettante pieghe del tempo, in tutte le dimensioni infinite che compongono il multiverso. Sono venuto qui perché ho bisogno di te». Tacque.
Nel silenzio che ne seguì e che avvolse entrambi quasi estraniandoli dal luogo in cui si trovavano, Pietro ingoiò più volte a vuoto per cercare di sciogliere il nodo che avvertiva in gola. Poi d’un tratto si alzò, andò alla cassa a pagare e si avviò all’uscita.
«VEL e KA, ti o vi saluto, fai tu… Mi sento confuso e ho bisogno di riflettere, anche di dormirci su. Ci vediamo, tanto ho visto che sai come rintracciarmi».
VEL e KA rimase in silenzio e aspettò che la porta si chiudesse alle spalle di Pietro.
Questi fece pochi passi e subito avvertì una breve vibrazione dal cellulare che aveva in tasca. Guardò il display e gli comparve un avviso di chiamata di Marisa. La cercò subito perché non aveva voglia di iniziare altre chiacchierate più tardi.
«Gioia mia, come stai?», la donna apriva sempre la conversazione così con chi conosceva da tempo e a cui la legava una profonda amicizia.
«Sto bene, sto bene. E tu, il tuo GustaTò? Che stai combinando?».
Pietro chiese più per cortesia che per effettivo interesse alla cosa.
«Un progetto. Molto articolato e ricco. Un’altra volta te ne parlo».
«Cosa volevi dirmi? Perché mi hai chiamato?».
Pietro non aveva più voglia di stare al telefono ed ebbe un tono quasi scortese.
«Solo per salutarti, gioia mia, solo per salutarti…».
Finalmente, all’angolo, spuntò l’insegna della gastronomia.
(continua)
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