CUORGNÈ – Il Teatro Comunale, che a breve sarà oggetto di un importante intervento di restauro, finalizzato a renderlo nuovamente fruibile alla cittadinanza, avrà anche un nome.
Verrà intitolato a Tullio Pinelli, nato a Torino il 24.06.1908 e morto a Roma il 07.03.2009, primogenito di una famiglia originaria di Cuorgnè, riconosciuto per la sua attività di scrittore, sceneggiatore e drammaturgo.
Primogenito della nobile famiglia dei conti Pinelli, magistrati di tradizione risorgimentale originaria di Cuorgnè , figlio di Ersilia Ratti e del giudice Ferdinando, frequenta il Liceo classico “D’Azeglio” con l’amico Cesare Pavese ed altri tra cui Norberto Bobbio, Massimo Mila, Leone Ginzburg con i quali forma un gruppo di giovani intellettuali antifascisti nella Torino degli anni ’20 e ’30. Presta servizio di
complemento come Ufficiale di cavalleria, con due richiami in guerra., si laurea in Giurisprudenza, pratica l’avvocatura civile a Torino e comincia a dedicarsi al teatro, scrivendo numerose commedie che attirano su di lui l’attenzione della critica e del pubblico.
Nel 1935 sposa Maria Cristina Quilico dalla quale avrà 4 figli maschi: Pier Dionigi, Carlo Alberto, Ferdinando e Alessandro.
Esordisce in teatro nel 1932 con “Il sofà d’la marchesa d’Mombaron” e, nel 1935, con l’elegante e ironica La pulce d’oro cui fa seguire, sullo stesso registro, l’atto unico Lo stilita (1937). Ma le sue opere più rappresentative, quali I padri etruschi (1941), Lotta con l’angelo (1942) e Gorgonia ovvero il Tirso (1952), sono caratterizzate da toni intensamente drammatici e da una tematica di carattere spiritualistico, divenendo così ben presto uno dei giovani commediografi italiani più quotati e interessanti di quegli anni, tanto che, nel 1943, la sua attività ottiene il riconoscimento del premio dell’Accademia d’Italia.
Scrisse anche libretti d’opera, soprattutto per Ghedini, maestro artistico del fratello musicista Carlo (Re Hassan, 1939; Le baccanti, 1948). Durante il secondo conflitto mondiale e l’occupazione tedesca, partecipò alla Resistenza antifascista, appoggiando le formazioni d’ispirazione liberale dapprima a Pitigliano (GR) e successivamente ad Alpignano (TO) trattando, tra l’altro, la resa di 40 militari della Divisione repubblichina Monterosa e difendendoli dalle formazioni partigiane di sinistra che li volevano fucilare.
Nel primo dopoguerra (1946) si trasferisce a Roma a seguito di un contratto con la casa cinematografica LUX ottenuto grazie a SiIvio d’Amico. Dopo aver collaborato con Mario Soldati alla trascrizione cinematografica di Le miserie del signor Travet (1946), si distingue nel conferire rigore letterario e consequenzialità logica alle fantastiche storie di Federico Fellini;
Lavora a soggetti e sceneggiature per Lattuada, Rossellini, Germi, Monicelli. Trascorre il tempo libero a Pitigliano in Maremma, dove si occupa della tenuta agricola di famiglia. La collaborazione continua anche quando Fellini passa alla regia (con l’apporto anche di Ennio Flaiano) per tutti i suoi film da Luci del varietà (1951) a 8 e 1/2 (1963), meritando candidature al Premio Oscar alla migliore sceneggiatura originale per “La strada”, “I vitelloni”, “La dolce vita”. Negli anni settanta scrive sceneggiati alla televisione e collabora alla trilogia di Amici miei, (1975, 1982, 1985).
La sua carriera artistica viene premiata con cinque Nastri d’Argento, quattro candidature all’Oscar, due premi internazionali Ennio F1aiano. Nel 1988 si sposa una seconda volta con l’attrice Madeleine LeBeau. Nel 1998 si completa come maestro del realismo poetico che lo ha reso celebre nel mondo pubblicando La casa di Robespierre, dopo Speriamo che siafemmina riceve il secondo David di Donatello alla carriera e viene insignito dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Nel 2008 in occasione del suo centesimo compleanno è stato pubblicato L’uomo a cavallo, soggetto cinematografico realista-poetico.
La sua scomparsa incide in profondità nella storia dello spettacolo italiano, per aver egli saputo misurarsi, dagli anni ’30 in poi, con peculiare personalità d’autore in un ampio ventaglio di modalità espressive: prima il teatro, poi la radio, il cinema, infine la televisione.
È certamente riduttivo ricordarlo soltanto come “lo sceneggiatore di Fellini”: Pinelli è stato molto altro e di più, incarnando la fedeltà a un modo di vita riservato, poco esibito e signorile che considerava con sobrietà e distacco la notorietà che lo circondava.
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