EDITORIALE -Ieri circa duecento dipendenti dell’ex Provincia hanno sfilato per le vie di Torino per giungere fino al Comune, dove il Sindaco Fassino ha dato loro voce.
A seguito di un colloquio, si è arrivati al prolungamento, da un minimo di un mese a un massimo di un anno, con un atto politico, del contratto in scadenza dei 22 lavoratori precari della provincia di Torino.
Questi 22 lavoratori e un altro centinaio a cui non è stato ancora fornita la nuova assegnazione lavorativa sono a carico della neo nata Città Metropolitana quindi, tutti i 315 Comuni facenti parte dell’Area Metropolitana “pagano” la loro quota per il mantenimento. Niente di male, in questo, se non ci fosse una disparità tra lavoratori di serie “A” e lavoratori di serie “B”. Si, per i primi, i dipendenti pubblici, è stata fatta anche una legge nella quale un comune facente parte della Città Metropolitana prima di poter assumere qualcuno deve “obbligatoriamente” prendere uno dei 150 dipendenti dell’Ex Provincia “in attesa di occupazione”; dall’altro parte i centinaia di lavoratori dipendenti di aziende private, ad esempio De Tomaso oltre 300 lavoratori, e altre piccole e medie aziende che per causa della crisi hanno dovuto chiudere, devono “arrangiarsi”.
Per loro nessuna legge, nessuna agevolazione, se non la mobilità (per i più fortunati, che comunque piano piano diminuisce e poi finisce), nessun obbligo di assunzione da parte di enti comunali, e perchè questo? Non sono tutti lavoratori con famiglia che devono in qualche modo pagarsi un mutuo o l’affitto, le bollette e mangiare? Non sarebbe più giusto che nei comuni, dove è presente un’ azienda con lavoratori in Cassa o in Mobilità potesse assumerli senza dover “attingere” da lavoratori statali di un altro comune, magari lontani anche 50 chilometri, ma di cui la legge impone? Ma si, si sa, questa è L’Italia dove i dipendenti o meglio gli esseri umani sono catalogati in due ben distinte categorie, serie “A” e serie “B”.
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